Rispondo prima alla domanda: esistono vegetariani che sono diventati tali non perhè provavano pena per gli animali?
La risposta è "si, ma..."
Se guardiamo solo alla motivazione che gli ha portati a quella scelta, la risposta è si: a red ronnie (tanto per citare un personaggio famoso) quando è diventato vegetariano fregava poco degli animali; però afferma che il suo essere vegetariano lo ha portato a sviluppare questa sensibilità. E a pensarci bene credo sia una cosa naturale. Anche se uno smette di mangiare carne per motivi ecologici, salutistici ecc alla dopo un po’ credo sia difficile non far presente a se stessi che nel proprio piatto non ci finisce niente che prima venga ucciso, a differenza delle diete degli altri, e alla fine in un modo o nell’altro (anche sommessamente) diventa un “punto di vanto”.
Io conosco solo 3 vegetariani (nel senso di persone che frequento… tutti e tre di sesso femminile ora che ci penso…). Due di loro sono diventati vegetariani perché consideravano disumani gli allevamenti intensivi. In un certo senso si potrebbe anche dire che in questa motivazione una certa pena per gli animali ci sia, ma non è collegata in maniera diretta alla loro morte o alla sofferenza che questi possono provare quando vengono uccisi. Tant’è che queste due mie amiche mangiano pesce.
Le motivazioni ci sono eccome,Platone.
Stanno li in sordina, pronte a sorreggerci nei momenti difficili.
Tu non hai ancora capito che il percorso tuo e di daneconnie non ha bisogno di una mitragliata di motivazioni tutte le mattine appena ci si sveglia.
Un percorso lungo richiede questo altrimenti le motivazioni continue diventano man mano sempre più deboli e ci si ritorcono contro,controproducenti.
Ogni giorno è meglio raccontarsela dicendo che "non esistono grasse/grosse motivazioni" e continuare con la propria scelta.
Non devi correre i 100 mt ma la maratona di New York! Ok?
Finalmente penso di aver capito cosa volevi dire. Posso anche essere d’accordo. Ciò però, come hai tu stesso detto, non toglie che alla base comunque ci siano “serie” (per quanto personalissime) motivazioni. Se poi ne fai una questione di metodo è diverso: mi vuoi dire che essendo in passaggio da un tipo di dieta all’altra un percorso lungo (e anche questo non è detto: una delle tre ragazze di cui ti dicevo ha smesso da un giorno all’altro senza problemi) è consigliabile più basarsi sulla determinazione, sul voler mantenere la parola data a se stessi, su fatto che ci si è prefissi un obiettivo e lo si vuole raggiungere, ecc, piuttosto che svegliarsi ogni mattina e ripetere le motivazioni come un mantra per “non ricadere in tentazione”.
Si, potresti avere ragione. Non ho mai pensato alla questione in questi termini. E comunque non era quello di cui parlavo.
Ti faccio notare solo questa cosa. Non sono sicuro sia così. Quello che ti sto per dire non è un mio pensiero; me lo disse diversi mesi fa una di quelle tre ragazze. Quando gli dissi che stavo valutando seriamente l’idea di passare ad una dieta vegetariana ma che temevo la mancanza del gusto della carne mi pesasse troppo, mi rispose dicendomi che se avevo quell’approccio mentale verso la carne voleva dire che non ero ancora pronto a rinunciarci, che non era ancora arrivato il mio momento (lo so, detta cos’ sembra una cosa profetica :D) e che quando sarei stato pronto l’avrei sentito. Non so se avesse ragione o meno. Personalmente posso solo dirti che effettivamente in me, al crescere della convinzione di voler fare sta cosa, decresce l’”ansia” di dover rinunciare alla carne. Poi non so… ma potrebbe essere un punto utile su cui riflettere)
Infine, continua a pensare (ma potrei sbagliarmi oppure non aver capito ancora bene cosa intendi) che non stiamo parlando dello stesso senso di colpa.
Intanto sulla questione dei comportamenti, avevo letto e notato, ma non è ancora ciò che avevo in mente. Da ciò che ho compreso, tu parli del seguente senso di colpa: io tratto male mia sorella perché mi fa arrabbiare; quando la rabbia è passata mi pento per come mi sono comportato ed il senso di colpa mi fa stare male; dopo un po’ di volte che succede, anche a causa del tormentante senso di colpa, mi riprometto che non lo farò più. Riuscirò a non farlo davvero pi? Bho… Perché una cosa è ripromettersi di non arrabbiarsi, un’altra è non arrabbiarsi più. A questo punto il mio senso di colpa potrebbe essere generato non solo dal fatto che ho trattao male mia sorella, ma dal fatto che mi ero ripromesso di non farlo più e l’ho rifatto.
Mi potrai dire: uno può anche ripromettersi di non mangiare più carne e però poi di fronte ad una bella salsiccia non resiste e se la butta in bocca. Rimane comunque il fatto che compiere l’azione di mettersi la salsiccia in bocca è volontaria; magari in contraddizione con i propri propositi, ma non si è perso il controllo del proprio corpo; non è un’azione dovuta ad un impeto del momento.
Specifico meglio tra qualche riga questo punto.
Ma a parte questo, il vero problema è che non riesci a separare le cose. A mio avviso fai lo stesso errore dei vegetariani che tanto critichi quando non riescono a separare le motivazioni salutistiche, ecologiche ecc, da quelle etiche. Quando scrivi
"Sanno questi che agendo e facendo pressione sui sensi di colpa di persone a loro sconosciute possono provocare danni irreparabili?)
"Sanno che esiste una forma depressiva data dai fallimenti?"
oppure quando fai l’esempio del pacchetto di sigarette, stai ancora pensando agli altri, a come questi promulgano le loro idee, stai ancora riflettendo
sul metodo. Lascia perdere gli altri. Ora non si sta parlando di questo. In discussione non sono i sensi di colpa che ti posso far venire gli altri o il fatto che su questi sensi di colpa possano fare leva. Io parlo semplicemente dei sensi di colpa che la tua coscienza ti propone.
So che il discorso è complesso perché la nostra coscienza non è separata dalla nostra mente e dal resto del mondo (società, cultura, persone care, ecc). E’ anche per questo (ma non solo!) che l’analisi di questi sensi di colpa è fondamentale. Per questo quando dici
Tu partiresti dal "senso di colpa" per costruire una buona motivazione.
io ti rispondo: “il senso di colpa no, ma la sua elaborazione si”.
Vedi, un’altra cosa a cui mi sembra tu non riesca a non pensare (e questo mi è parso di capirlo bene dai tuoi ultimi due post) continuando a non separare le cose e a mettere tutto insieme, è il senso di colpa dell’insuccesso.
Questo non ha nulla a che vedere con quello di cui parlavo. Nella fattispecie: il senso di colpa che reputo “positivo” è quello generato dallo stridere di un comportamento con il proprio modo di “sentire”, di percepire il mondo, di pensare; contro la propria personalità. Il senso di colpa (se uno ne ha) su cui basare la scelta veg è quello dovuto al fatto che il proprio se considera sbagliato un comportamento o un’abitudine alimentare che prevede sofferenza e morte per altri essere viventi. Basta.
L’eventuale senso di colpa generato dal fatto di voler cambiare abitudini e/o comportamenti e magari non riuscirci (per qualsivoglia motivo)
non ha nulla a che fare!! Così come non ha nulla a che fare il senso di colpa che può nascere dall’aver preso la decisione e poi non essere riusciti a mantenerla.
Basarsi su questi sensi di colpa, sono d’accordo con te, è poco produttivo se non deleterio.
Ma sono due cose diverse. Cerca di tenerle separate. Ok?
Ciao