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paura della morte : Epicuro

Ultimo Aggiornamento: 14/01/2005 19:39
08/01/2005 00:11
 
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[…] Quindi se si capisce bene che la morte è niente, per noi allora la vita mortale diventa felice, ma non perché questo aggiunga infinto tempo alla vita, bensì perché toglie il desiderio dell’immortalità. Infatti, non c’è nulla da temere nella vita se si è convinti che non c’è niente da temere nel non vivere più. Ed è sciocco anche temere la morte, in quanto sarebbe doloroso attenderla, anche se poi dolore non porta. La morte non ci darà dolore quando arriverà ed è quindi davvero sciocco lasciare che essa ci porti dolore mentre l’attendiamo. Quindi il più temibile dei mali, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte e quando c’è la morte non ci siamo noi. La morte quindi è niente, per i vivi come per i morti: perché per i vivi essa non c’è, mentre per quanto riguarda i morti sono loro a non esserci. La maggior parte delle persone, però, fugge la morte considerandola come il peggiore dei mali, oppure la cerca come liberazione dai mali della vita. Il saggio, invece, non rifiuta la vita e non ha paura della morte, perché non è contro la vita ed allo stesso tempo non considera un male il non vivere più. Il saggio, così come non cerca i cibi più abbondanti ma i migliori, non cerca il tempo più lungo, ma cerca di godere del tempo che ha. Ed è da stupidi esortare i giovani a vivere bene ed i vecchi a morire bene, perché nella vita stessa c’è del piacere ed una sola è l’arte del ben vivere e del ben morire. Ma ancora peggio è chi dice che sarebbe meglio non essere mai nati, oppure essere morti subito. Se chi dice così è davvero convinto di ciò che dice, perché non abbandona la vita? È in suo potere farlo, sempre che egli parli seriamente e che questa sia la sua opinione. Se invece scherza, parla da stolto e lo fa riguardo a cose su cui non c’è proprio da scherzare.
Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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08/01/2005 17:26
 
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grazie emil, sn parole splendide!
Proprio in qst giorni cercavo di far capire ad una xsona che non temo la morte xkè credo che non sia nè la fine di qualcosa nè l'inizio di un'altra ma faccia semplicemente parte di un continuum che è la nostra evoluzione!
I WANT TO BELIEVE

14/01/2005 17:40
 
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Forse non è proprio la sezione adatta all'argometo, cmq in qst giorni mi sono trovata nuovamente a riflettere sulla morte, visto che senza preavviso ho perso una xsona cara, quindi ritorno sull'argomendo rivedendo un pò ciò che ho scritto.
Se è vero che non temo la mia morte, mi sono resa conto di temere molto di più le reazioni che gli altri potrebbero avere se dovessi morire( Il mio ragazzo, i miei genirori, i miei amici...non credo che gioirebbero per "il continuo della mia evoluzione", certamente sarebbero distrutti e soffrirebbero, come sto soffrendo in nonostante le mie idee)!!!
Inoltre mi fa paura l'idea di perdere i miei cari; è troppo semplicistico dire:

la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte e quando c’è la morte non ci siamo noi. La morte quindi è niente, per i vivi come per i morti


La morte c'è e come, perchè non siamo esseri isolati ma viviamo in un contesto relazionale con altre persone a cui siamo legate e soffriamo se le perdiamo!!!
Posso benissimo dire: io non credo che la morte sia la fine dell'esistenza quindi non la temo, ma non per questo scompare mia paura matta al pensiero che il mio ragazzo, mai sorella i miei genitori, la mia migliore amica possano morire domani o ancora, che se morissi io domani mia madre sarebbe distrutta ed il mio ragazzo inconsolabile ecc. ecc.!!!

I WANT TO BELIEVE

14/01/2005 19:31
 
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Re:

Scritto da: DanaTn1 14/01/2005 17.40
Forse non è proprio la sezione adatta all'argometo, cmq in qst giorni mi sono trovata nuovamente a riflettere sulla morte, visto che senza preavviso ho perso una xsona cara, quindi ritorno sull'argomendo rivedendo un pò ciò che ho scritto.
Se è vero che non temo la mia morte, mi sono resa conto di temere molto di più le reazioni che gli altri potrebbero avere se dovessi morire( Il mio ragazzo, i miei genirori, i miei amici...non credo che gioirebbero per "il continuo della mia evoluzione", certamente sarebbero distrutti e soffrirebbero, come sto soffrendo in nonostante le mie idee)!!!
Inoltre mi fa paura l'idea di perdere i miei cari; è troppo semplicistico dire:

la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c’è la morte e quando c’è la morte non ci siamo noi. La morte quindi è niente, per i vivi come per i morti


La morte c'è e come, perchè non siamo esseri isolati ma viviamo in un contesto relazionale con altre persone a cui siamo legate e soffriamo se le perdiamo!!!
Posso benissimo dire: io non credo che la morte sia la fine dell'esistenza quindi non la temo, ma non per questo scompare mia paura matta al pensiero che il mio ragazzo, mai sorella i miei genitori, la mia migliore amica possano morire domani o ancora, che se morissi io domani mia madre sarebbe distrutta ed il mio ragazzo inconsolabile ecc. ecc.!!!




Da Epicuro a Krishnamurti

Sul morire...

"...per poter sperimentare la morte mentre siamo ancora vivi, dobbiamo abbandonare ogni sotterfugio mentale, ovvero tutto ciò che ci impedisce un'esperienza diretta.. siamo plasmati dal passato, dalle abitudini, dalla tradizione, dagli schemi di vita; siamo invidia, gioia, angoscia, zelo, godimento, ognuno di noi è questo, ovvero il processo di continuità.. ..ognuno è attaccato alle proprie opinioni, al proprio modo di pensare, ed ha paura che senza i suoi attaccamenti non sarebbe nulla, allora si identifica con la casa, la famiglia, il lavoro, gli ideali... ma quanti sono quelli capaci di porre fine a tale attaccamento e realizzare il distacco? E' necessario comprendere i processi del pensiero poiché la comprensione di ciò che chiamiamo pensiero è la cessazione del tempo.. il pensiero, tramite un processo psicologico, crea il tempo, il tempo poi controlla e configura il nostro pensiero.. ..il senso di continuità è stato edificato dalla mente, quella mente che guida se stessa per mezzo di precisi schemi e che ha il potere di creare ogni sorta di illusione, lasciarsi intrappolare da tutto ciò mi sembra una scelta tanto inutile quanto priva di maturità.. ..non sappiamo neppure cos'è vivere, come potremo mai sapere cos'è la morte? Vivere e morire potrebbero essere la stessa cosa, e il fatto che le abbiamo separate potrebbe essere fonte di grande sofferenza.. abbiamo separato la morte trattandola come un evento che accadrà alla fine della vita, tuttavia è sempre presente.. avendo paura di quella cosa che chiamiamo morte l'abbiamo separata dalla vita relegandole entrambi in compartimenti stagni separati l'uno dall'altro da spazi immensi.. ..una mente imprigionata in tale processo non riuscirà mai a comprendere, comprendere è libertà, ma tra noi sono ben pochi coloro che vogliono essere liberi.. ..lasciamo che l'oceano della vita e della morte sia così com'è.. ..l'io che ha goduto, sofferto e conosciuto, potrà continuare? L'io esiste solo a causa dell'identificazione con la proprietà, con un nome, una famiglia, con successi e fallimenti, con tutto ciò che siamo stati e vogliamo essere. Siamo ciò con cui ci siamo identificati: è di questo che siamo fatti, e senza di questo non siamo. Vogliamo che tale identificazione con gli altri, con le cosa e le idee non abbia fine, persino dopo la morte; ma si tratta davvero di qualcosa di vivo? Oppure non è nient'altro che una massa di desideri contraddittori, di progetti, di successi, di frustrazioni, un groviglio in cui il dolore supera la gioia? ..Meglio il conosciuto che il non conosciuto vero? Eppure il conosciuto è talmente piccolo, insignificante, limitante; il conosciuto è dolore, eppure si desidera che continui.. ..ci affanniamo molto per sapere, quando cessa ogni tentativo di sapere, c'è ancora qualcosa che la mente non è riuscita ad afferrare e a far quadrare. Il non conosciuto è infinitamente più grande del conosciuto: il conosciuto non è che un'imbarcazione in mezzo al mare del non conosciuto.. ..lasciamo che tutto scorra naturalmente.. ..la verità è assai strana: più la inseguiamo più ci sfugge. Non possiamo afferrarla in nessun modo, per efficace e astuto che sia; non possiamo imprigionarla nella rete del nostro pensiero. Comprendetelo a fondo e lasciate andare tutto. Nel cammino della vita e della morte dobbiamo camminare da soli; è un viaggio durante il quale conoscenza, esperienza e memoria non possono offrire alcun conforto. La mente deve essere ripulita da tutto ciò che ha afferrato nel suo bisogno di trovare certezze; i suoi dèi e le sue virtù devono essere restituiti alle società che li hanno generati. Occorre raggiungere una solitudine completa e incontaminata..."
Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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Dana scrive:
"Inoltre mi fa paura l'idea di perdere i miei cari; è troppo semplicistico dire..."


rifletti su quanto hai scritto cara Dana: dici di aver paura perdere i tuoi cari....perchè hai paura di perderli? Hai paura che senza di loro tu sia sola? Perciò rifletti anche sulla solitudine...

se ne carpisci il significato ne cogli la sua bellezza in tutti i suoi punti...

la morte non può essere una cessazione perchè sia la nascita che la morte fanno parte di una cosa sola...rifiutare questo e soffrirne vuol dire non vedere la realtà...

la morte è vita ma per molti è la fine...la fine di cosa? di uno scopo? di un progresso personale?

riflettici dana e vedrai che quelle parole non sono state dette per caso...semplicistico è un ragionamento....comincia a vedere...

ciao!
con affetto[SM=g27811]
Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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