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Militari cinesi uccidono sette profughi tibetani...

Ultimo Aggiornamento: 29/10/2006 15:14
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che tentavano di fuggire in Nepal

Di Naoki Tomasini

Peacereporter, 6 ottobre2006

La mattina del 30 settembre, una lunga e silenziosa fila di profughi tibetani avanzava verso sud, verso il Nepal, passando per i valichi dell’altipiano himalayano, vicino al campo base che i trekkers stranieri usano per preparare le ascensioni dell’Everest. Provenivano dalla regione orientale del Kham, erano privi di attrezzature moderne per la sopravvivenza in montagna ma affrontavano il gelo e i disagi dei sentieri poco battuti nella speranza di non essere scoperti dalla guardie cinesi e di raggiungere il Nepal o l’India, e comunque la libertà.

La testimonianza. Mentre si trovava nei pressi del passo Nangpa, la colonna dei profughi, composta da circa settanta persone, è stata intercettata dai soldati cinesi, che hanno iniziato a sparare uccidendone alcuni, mentre il resto della compagnia, preso dal panico, tentava di disperdersi. Il tutto è successo sotto gli occhi di diversi gruppi di alpinisti, che non hanno potuto fare altro che raccontare alla stampa l’orribile episodio. Uno di loro –rimasto anonimo - ha ripercorso quei momenti sul suo blog: “abbiamo visto una fila di tibetani che puntava verso il passo Nangpa, una vista abbastanza comune. Poi, all’improvviso, abbiamo iniziato a sentire spari, senza preavviso. La fila di persone ha iniziato a correre nella neve lungo il fianco della montagna. Quando gli spari sono cessati abbiamo visto due figure cadere e non rialzarsi”. Il passo Nangpa, una delle principali vie commerciali tra Tibet e Nepal, si trova a oltre 5400 metri di altitudine, non distante dal Campo Base Avanzato del monte Cho Oyu, dove quel giorno si trovavano almeno dieci spedizioni di scalatori.

Sette vittime. Del gruppo dei profughi, sette persone sono state uccise, cui una monaca buddista poco più che ventenne e un bambino, i loro compagni di viaggio hanno dovuto abbandonare i corpi nella neve. Solo quarantatre sono riusciti a raggiungere il Nepal. Gli altri non è chiaro che fine abbiano fatto, ma è probabile che siano detenuti dalle forze di sicurezza cinesi. Lama Tsering, un religioso tibetano in esilio, ha commentato “quei poveretti saranno torturati e perseguitati per il resto delle loro vite. Per un tibetano forse è meglio morire che finire nelle mani dei soldati Han”. Uno dei supersiti che hanno raggiunto il centro per i rifugiati tibetani di Kathmandù, ha dichiarato “Quando i mitra hanno iniziato a sparare siamo corsi in tutte le direzioni. Siamo tornati indietro per cercare di evitare i soldati. Poi, dopo essere rimasti nascosti per ore, abbiamo scavalcato il passo nel mezzo della notte”. Secondo l’organizzazione International Campain for Tibet, a sparare ai profughi dovrebbero essere stati membri del Pap, People Armed Force, una forza paramilitare cinese che si occupa di sicurezza interna e dei confini. I militari del Pap sono la sola forza armata che si occupa di sorvegliare gli alti passi montani del Tibet. Diverse volte in passato questa milizia ha arrestato e ucciso i tibetani che tentavano di fuggire

In fuga. Ogni anno sono tra i due e i tremila i profughi tibetani che cercano di raggiungere il Nepal o l’India, un terzo dei quali sono bambini. Alcuni lo fanno per raggiungere il Dalai Lama, che si trova in esilio nella città indiana di Dharamsala, altri per studiare nelle scuole e nei monasteri tibetani in esilio, dove la loro identità e religione non vengono perseguite. Il numero delle persone che fuggono dal Tibet cresce in modo proporzionale all’aumento della presenza cinese sull’altipiano, dove da oltre cinquant’anni si consuma il genocidio culturale -e non solo- dei tibetani, perseguitati e uccisi a causa della fede buddista e della fedeltà al loro capo religioso e politico, il Dalai Lama. Quest’ultimo ha rinunciato da tempo a rivendicare l’indipendenza del Tibet, e sta cercando, da alcuni anni, di aprire dei colloqui con Pechino allo scopo di tutelare i diritti dei tibetani che non sono fuggiti. Le autorità cinesi però, hanno sempre respinto le offerte e continuato la repressione

COMUNICATO DELL'ASSOCIAZIONE ITALIA-TIBET
La notizia di questa nuova, efferata strage di sette innocenti tibetani (tra essi una giovane monaca e un bambino), uccisi lo scorso 30 settembre dai sodati cinesi nei pressi del confine nepalese mentre cercavano di lasciare il Tibet, non lascia dubbi circa la volontà del governo cinese di impegnarsi in una qualsiasi forma di dialogo distensivo con i rappresentanti del governo tibetano in esilio. Nessuno spiraglio anche per quanto riguarda l'auspicato miglioramento del rispetto dei diritti umani e della libertà di un popolo. Il brutale assassinio di sette persone "colpevoli" solo di fuggire da un regime totalitario e repressivo deve indurre ad una riflessione sulla reale volontà di Pechino di aprirsi a qualsiasi forma di democrazia o di giustizia, valori che una comunità internazionale compiacente e timorosa di perdere lauti profitti non esige né tantomeno seriamente discute.
Nel denunciare la gravità e la barbarie di quanto accaduto, l'Associazione Italia-Tibet si appella all'opinione pubblica, alle istituzioni, alle associazioni che si battono per il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, agli organi di stampa e allo stesso Governo Tibetano in Esilio affinché esprimano piena ed aperta condanna di questo ennesimo eccidio e il sacrificio di sette innocenti vite non finisca nel silenzio e nell'oblio collettivo.

Milano 6 ottobre 2006



Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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Per chi ancora non ha visto il videodell'uccisione dei tibetani al confine con il Nepal


Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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Chungdak Koren , già rappresentante del Dalai Lama a Ginevra, ha raccolto in Norvegia nuove testimonianze sull’agguato
Nei giorni scorsi la signora Koren ha intervistato i sei alpinisti norvegesi che il 30 settembre si trovavano a poca distanza dal passo Nangpa La e che ,quando le guardie di frontiera cinesi hanno aperto il fuoco sulla colonna tibetana, hanno potuto vedere la tragedia da vicino.
Questo il racconto di Geir Lysfjord e Jan Arve Andresen , membri della spedizione:
"Qualche ora dopo gli spari ,che hanno abbattuto alcuni corpi sul ghiacciaio,diversi soldati cinesi equipaggiati con armi automatiche hanno invaso il nostro campo base e volevano bruciare i corpi.Il giorno dopo sono tornati accompagnati da dieci poliziotti e si sono avvicinati ai corpi stesi sul ghiaccio e ,per quello che abbiamo potuto vedere, hanno tentato di dargli fuoco ma non ci sono riusciti.Il giorno dopo i corpi erano stati spostati.Nel contempo il nostro campo è stato perquisito per vedere se c’erano dei tibetani. Hanno trovato 11 bambini e li hanno portati via .”

Gli alpinisti norvegesi hanno poi confermato che i soldati cinesi non sono stati attaccati e quindi non hanno sparato per legittima difesa, come invece sostenuto da una fonte ufficiale del partito comunista cinese.
Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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I SOPRAVVISSUTI DEL NANGPA-LA INCONTRANO LA STAMPA

New Delhi, 23 ottobre 2006. (Phayul)

Arrivati a New Delhi, i quarantuno rifugiati scampati alla strage del passo Nangpa hanno raccontato ai giornalisti la loro drammatica storia. Tre di loro, il monaco Thubten Tsering, 23 anni, Dolma Palkyi, 16 anni e Lobsang Choden, 26 anni, hanno partecipato all’affollata conferenza stampa organizzata dal Centro Tibetano per i Diritti Umani e la Democrazia (TCHRD). Dolma Palkyi ha dichiarato che la monaca uccisa, sua buona amica, è morta sul colpo. Lobsang Choden, salvato dagli alpinisti che lo hanno nascosto in una delle loro tende, ha detto che l’attesa all’interno del rifugio è stata uno dei momenti più sconvolgenti e terribili della sua vita. Il monaco Thubten Tsering ha detto di aver affrontato il rischio della fuga per poter vedere il Dalai Lama e ricevere la sua benedizione. Successivamente, i giornalisti si sono intrattenuti, all’esterno del Centro Stampa della capitale indiana, con gli altri rifugiati. Tra loro la piccola Dekyi Paljom, sette anni, ritratta nella foto. Al termine della conferenza stampa, il TCHRD ha rilasciato un comunicato in cui, dopo un’accurata ricostruzione dei fatti alla luce delle testimonianze dei rifugiati, dei testimoni oculari stranieri e delle riprese filmate, è respinta la tesi della legittima difesa avanzata dai soldati del PAP e si chiedono dettagliate spiegazioni al governo cinese. Il TCHRD si appella inoltre all’Alto Commissariato ONU per i Diritti Umani e al Consiglio per i Diritti Umani affinché sia fatta luce e giustizia sul caso e i tibetani ora nelle mani della polizia cinese siano immediatamente liberati.

COSA POTETE FARE
Inviate una lettera di denuncia di quanto accaduto al Passo Nangpa al Presidente Hu Jintao e al Presidente del Comitato Olimpico Jacques Rogge.
È sufficiente collegarsi al sito di International Tibet Support Network – Olimpic Campaign che ha lanciato una campagna di protesta attraverso l’invio di e-mail.
Collegatevi a:
www.2008-FreeTibet.org
Cliccate su “Take Action+++Protest email”. Cliccate quindi sulle foto dei destinatari.
Sarà sufficiente riempire la piccola griglia con il vostro nome, il paese d’origine e la data. Premere “send”. L’invio sarà immediato.




[Modificato da emilgollum 29/10/2006 15.14]

[Modificato da emilgollum 29/10/2006 15.15]

[Modificato da emilgollum 29/10/2006 15.16]

Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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