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Sogno di Natale

Ultimo Aggiornamento: 30/12/2005 01:04
26/12/2005 13:51
 
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Sogno della notte di Natale tra il 24 e il 25/12:

Sono in un edificio maestoso, molto pulito, illuminato solo da lampade artificiali. Dalle grandi vetrate a specchio, oscurate e sigillate, non filtra la luce del sole. La costruzione è a metà tra il castello medievale e il moderno grattacielo.
In cima a tutta la costruzione, c'è una specie di torretta con la solita finestra enorme su cui si specchia un'ombra scura, molto inquietante, che nel sogno non ho saputo decifrare. Sapevo però che in quelle stanze abitava qualcuno di molto pericoloso.

Visitando il castello/grattacielo, mi accorgo che nei piani inferiori regna un'atmosfera quasi normale, simil-gioiosa, in cui la gente compra e ride e scherza, ma io noto che ci sono molti uomini che controllano tutto e dirigono le cose in modo occulto. Essi sono ben mimetizzati tra la folla ma io, non so come, riesco a notarli.
Salendo negli altri piani l'atmosfera si fa sempre più pesante, finché arrivo verso gli ultimi.
Qui ci sono lunghi corridoi asettici, in cui personale vesito in camice azzurro, con sguardo assente, in modo meccanico, attraversa questi spazi e entra ed esce in varie stanze.
Da qualche stanza aperta vedo dei letti e sui letti persone.
La scena è spaventosa.
Sui letti persone di tutte le età, pallide, sembravano anemiche, qualcuno era senza un braccio o una gamba, tutti guardavano questi "infermieri" o "medici", con speranza, come se potessero salvarli, invece li stavano uccidendo, ma anche con terrore, perché capivano in cuor loro che di lì non sarebbero mai usciti. Ma anche questo lo capivo solo io.
Inoltre ad un tratto capii che quelle persone erano entrate in quel castello, proprio come me, salendo dagli altri piani.
Erano stati circuiti, sedotti dalla bellezza di quella costruzione, dalla gioia che sembrava regnare.
Appena lo comprendo, mi accorgo che mi hanno sottratto mio figlio e che lo hanno messo in una di quelle stanze, vicino ad una altro bambino. Avevano entrambi sui 6 anni.
L'altro bambino era pallido, magro, infelice, il mio ancora roseo, ma incapace di comprendere perché fosse in quella specie di ospedale.
La madre dell'altro bambino piange, crede che il figlio sia malato e pur capendo che le cure che gli stanno facendo non sono molto ortodosse, lascia fare, sperando di vederlo guarito.
Io invece mi ribello, urlo, strepito, pretendo spiegazioni, dico che mio figlio è sano e che voglio andarmene di lì!
Mi trattano con sufficienza e con una freddezza immane.
Allora insisto, cerco il direttore, vago per i corridoi ma trovo solo volti senza espressione e con tanta cattiveria celata nell'indifferenza.
Torno al letto di mio figlio e i medici mi dicono: abbiamo preparato questo letto anche per lei, deve stendersi qui, le faremo una puntura per calmarsi.
Il letto è munito di cinghie elastiche per legare polsi e caviglie.
Con una scusa me la svigno veloce e continuo a girovagare per quelle stanze e quei corridoi.
Arrivo in un luogo neutro, dove ci sono persone dall'aspetto buono e chiedo loro di aiutarmi ad uscire di lì e a liberare mio figlio.
Costoro mi mostrano una grande sala, dove ci sono molte persone che costruiscono piccoli burattini o oggetti artigianali. La responsabile di quel gruppo mi dice: di qui non potrai mai uscire, se vuoi puoi stare qui fino alla fine dei tuoi giorni a costruire queste piccole cose.
I visi degli artigiani non erano terrorizzati come quelli dei malati, ma nemmeno sereni. Erano in prigione anche loro ed i loro oggetti, pur davvero particolari, avevano un'aria inquieta che non sapevo decifrare.
Decido che la cosa non fa per me e continuo a girovagare finché mi imbatto in una stanza, in fondo ad un corridoio.
Qui ci sono medici e infermieri intorno a pezzi di essere umano che discutono. In mezzo a loro il direttore di quel centro, un omino magro, canuto, con occhi diabolici.
Lo vedo e gli dico: voglio uscire di qui! ridatemi mio figlio, noi siamo sani!
Lui mi fissa, molto scocciato, poi dice qualcosa ad un orecchio ad un tale.
Questo mi prende per un braccio e mi porta in uno sgabuzzino pieno di mobili accatastati. Mi dice: aspetti qui, il direttore arriva subito a parlarle.
Aspetto un tempo interminabile ma lui non arriva, finché vedo attravero i finestroni, che è su di una limousine nera e se ne sta andando.
Anche lui mi vede (cosa strana in quanto da fuori non si poteva vedere dentro) e mi lancia uno sguardo di morte.
Allora io scappo e torno verso la stanza dove è ricoverato mio figlio, per riprendermelo. Qui vedo che li stanno obbligando a mangiare dei vermi, perché dovevano nutrire la creatura che era in loro. Così dicevano i medici.
L'altro bambino prova a rifiutarsi ma la madre, credendo che sia per il suo bene, insiste, finché il bimbo li inghiotte.
Poco dopo si sente un urlo, la madre del bimbo dice: che schifo, è orribile, è morto!!!!
Di suo figlio non restano che dei frammenti di carne a brandelli sul letto e i vermi che se la mangiano.
I medici non sono per nulla turbati, dicono che questa è la scienza, che era giusto sapere come il corpo di un bambino si sarebbe comportato, e cose così. Liquidano la madre e provvedono a trovare un nuovo bambino.
Il mio non riesco a salvarlo ma non so come esco di lì.
Mi ritrovo all'aperto, ta l'erba e i fiori, una strada deserta e il direttore della clinica, volando, mi dice: te la farò pagare.

Finito il sogno.



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