Stellar Blade Un'esclusiva PS5 che sta facendo discutere per l'eccessiva bellezza della protagonista. Vieni a parlarne su Award & Oscar!


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avvocato del diavolo

Ultimo Aggiornamento: 30/11/2004 22:23
30/11/2004 05:29
 
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Non per fare il rompiballe, ma qualcuno di voi ha provato a verificare che ciò che vede durante le uscite non è frutto esclusivamente del suo cervello? Io non sono mai uscito e quindi nutro ragionevoli dubbi sulla natura di questo fenomeno.
[SM=g27820]
30/11/2004 11:28
 
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ciao degno, è quello che cerchiamo di fare tutti i giorni!
osservare...capire...comprendere!

è fondamentale però farlo senza condizionamenti!

ciao [SM=g27823]

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-La verità è una terra priva di sentieri-
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Nel gdr - Il trono di spade -
Lady Lysa
30/11/2004 18:02
 
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Ciao Degno, i tuoi dubbi sono fondatissimi.... posso risponderti che in più occasioni ho avuto il riscontro di cui parli.... e menomale!! ...a suo tempo ho avuto i tuoi stessi dubbi.
30/11/2004 22:13
 
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Quindi uscendo dal corpo si può spiare gli altri... o andare allo stadio senza pagare il biglietto[SM=g27811] (non dico che sia una cosa giusta o che sia il motivo per cui mi interesso a quasto argomento..)
Un' altra domanda: ho notato che chi pratica le oobe elabora le proprie esperienze in base alla propria religione. Io non credo in dio, e voi (che forse siete stati vicino dal parlarci di persona)?
30/11/2004 22:23
 
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Oh finalmente si può parlare anche di questo argomento...grazie Degno per avermene dato l'opportunità...

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Quanto segue sono varie domande poste a Jiddu Krishnamurti(**)




Domanda:
Che cos’è Dio?

J. Krishnamurti:
Come pensate di scoprirlo? Accetterete le indicazioni di qualcun altro? O cercherete di scoprire da soli che cosa è Dio? Fare domande è facile, ma fare esperienza della verità richiede una grande intelligenza, una grande quantità di indagini e ricerche.
La prima domanda è: accetterete ciò che un altro dice su Dio?
Non importa chi sia costui, se Krishna, Buddha, o Cristo, perché potrebbero essersi tutti sbagliati, così come può sbagliarsi il vostro stesso guru. Certamente, per trovare la verità, la nostra mente deve essere libera di indagare, il che significa che non può semplicemente accettare o credere. Potrei darvi una descrizione della verità, ma non sarebbe mai uguale alla vostra personale esperienza della verità. Tutti i testi sacri danno una descrizione di Dio, ma quelle descrizioni non sono Dio. La parola “Dio” non è Dio, non è forse così?
Per trovare ciò che è vero, non dobbiamo mai accettare, non dobbiamo mai farci influenzare da quello che i libri, i maestri e chiunque altro possano dirci. Se ci facciamo influenzare da loro, troveremo soltanto quello che loro vogliono farci trovare. Dobbiamo sapere che la nostra mente può creare l’immagine di ciò che desidera; può immaginare Dio con la barba, o con un occhio solo; vederlo blu o viola. Dobbiamo quindi essere consapevoli di avere dei desideri personali e non farci ingannare dalle proiezioni dei nostri stessi bisogni e desideri.
Se desideriamo vedere Dio sotto una certa forma, l’immagine che ne avremo sarà conforme ai nostri desideri, e quell’immagine non sarà Dio, non è così? Se siamo afflitti e vogliamo essere confortati, o tendiamo al sentimentalismo e al romanticismo nelle nostre aspirazioni religiose, finiremo per creare un Dio che soddisfi le nostre aspettative, ma ancora non sarà Dio.
Pertanto la nostra mente deve essere completamente libera; solo allora possiamo trovare ciò che è vero, e non accettando una qualche superstizione, né leggendo un cosiddetto testo sacro o seguendo qualche guru. Solamente quando siamo liberi, quando siamo realmente liberi dalle influenze esterne come dai nostri desideri e dalle nostre aspirazioni così che la mente sia completamente sgombra, solo allora è possibile trovare cosa è Dio. Ma se ci fermiamo a fare congetture, allora le nostre supposizioni valgono quanto quelle del nostro guru, e sono altrettanto illusorie.

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Domanda:
Vi sono vari concetti di Dio nel mondo di oggi. Qual è il suo pensiero riguardo a Dio?

J. Krishnamurti:
Prima di tutto dobbiamo scoprire cos’è che noi intendiamo per concetto. Che cosa intendiamo per processo del pensiero? Perché, dopo tutto, quando formuliamo un concetto, diciamo di Dio, la nostra formula o concetto deve essere il risultato dei nostri condizionamenti, non è così? Se crediamo in Dio, indubbiamente il nostro credo è il risultato dell’ambiente che ci circonda. Vi sono coloro che vengono educati a negare Dio sin dall’infanzia e coloro che vengono educati a credere in Dio, come è per la maggior parte di voi. Dunque noi formuliamo un concetto di Dio a seconda della nostra educazione, delle nostre esperienze passate, delle nostre avversioni, di quello che ci piace o non ci piace, delle nostre speranze e paure. Ovviamente dunque, fino a quando non comprendiamo il meccanismo del nostro stesso pensiero, i meri concetti di Dio non hanno nessun valore, non è così? Perché il pensiero può proiettare quello che vuole. Può creare e negare Dio. Ognuno di noi può inventare o distruggere Dio in base alle proprie inclinazioni, ai propri piaceri e dolori. Quindi, fintanto che il pensiero rimane attivo, inventando, formulando, non potremo mai scoprire ciò che è al di là del tempo. Dio, o il reale, può essere scoperto solo quando il pensiero giunge alla fine.
Adesso, quando lei mi chiede: “Qual è il suo pensiero riguardo a Dio?”, lei ha già formulato un suo proprio pensiero, non è vero? Il pensiero può creare Dio e fare esperienza di ciò che esso stesso ha creato. Ma certamente questa non è vera esperienza. Il pensiero sta sperimentando soltanto la propria proiezione, dunque non è reale. Ma se lei e io possiamo vedere la verità di tutto ciò, allora forse avremo esperienza di un qualcosa molto più grande che non una mera proiezione del pensiero.
Al giorno d’oggi, mentre all’esterno vi è una sempre maggiore insicurezza, cresce ovviamente un intenso desiderio di sicurezza interiore. Dal momento che fuori non possiamo trovare sicurezza, la cerchiamo in un’idea, nel pensiero, e così creiamo ciò che chiamiamo Dio, e quel concetto diventa la nostra sicurezza. Adesso, una mente che cerca la sicurezza certamente non può trovare ciò che è reale, vero. Per capire quello che è al di là del tempo il pensiero deve porre fine alle proprie invenzioni. Il pensiero non può esistere senza le parole, i simboli, le immagini. Soltanto quando la mente è quieta, affrancata dalle sue stesse creazioni, vi è una possibilità di scoprire ciò che è reale. Quindi il semplice chiedere se vi sia o no Dio è una risposta immatura al problema, non è così?
Formulare opinioni su Dio è davvero infantile.
Per avere esperienza, per capire ciò che è al di là del tempo, dobbiamo ovviamente capire il processo del tempo. La mente è il risultato del tempo, è basata sui ricordi di ieri. Ed è possibile liberarsi da quella moltiplicazione di ieri che costituisce il processo del tempo?
Questo è certamente un problema molto serio; non è questione di credere o non credere. Il credere o non credere sono processi dell’ignoranza, mentre la comprensione della qualità vincolante del tempo nel pensiero porta a quella libertà soltanto nella quale la scoperta è possibile. Ma la maggior parte di noi vuole credere solo perché è più comodo; ci dà un senso di sicurezza, un senso di appartenenza a un gruppo. Indubbiamente questa convinzione ci separa; voi credete in una cosa e io in un’altra. Così le credenze agiscono da barriera; è un processo di disintegrazione.
Quello che è quindi importante non è credere o non credere, ma comprendere il processo della mente. E la mente, è il pensiero che
crea il tempo. Il pensiero è tempo, e qualsiasi cosa progettata dal pensiero deve appartenere al tempo; per tale ragione il pensiero non ha alcuna possibilità di andare oltre se stesso. Per scoprire quello che è al di là del tempo il pensiero deve giungere alla fine, e questa è una cosa estremamente difficile perché la fine del pensiero non giunge attraverso una disciplina, né attraverso il controllo, o il diniego, o la repressione. Il pensiero finisce solo quando comprendiamo l’intero processo del pensare, e per comprenderlo è necessaria la conoscenza di sé. Il pensiero è il sé, è la parola che identifica se stesso come il 'me', e qualunque sia il livello, basso o alto, in cui è posto il sé, si troverà sempre nell’ambito del pensiero.
Per trovare Dio, ciò che è oltre il tempo, dobbiamo comprendere il meccanismo del pensiero - vale a dire, il processo di se stessi. Il sé e molto complesso; non si trova a un livello qualunque, ma è costituito da molti pensieri, molte entità, ognuna in contraddizione con le altre. E necessaria una costante consapevolezza di tutto, una consapevolezza senza scelta, né condanna o paragoni; ciò significa che vi deve essere la capacità di vedere le cose così come sono, senza distorcerle o interpretarle. Nel momento in cui giudichiamo o traduciamo ciò che abbiamo visto, lo distorciamo in base alla nostre esperienze precedenti. Per scoprire la realtà o Dio non dobbiamo avere credenze, perché l’accettazione o il diniego sono barriere che poniamo alla scoperta. Noi tutti vogliamo essere sicuri sia esteriormente sia interiormente, ma la mente deve capire che la ricerca della sicurezza è un’illusione. E soltanto la mente insicura, la mente completamente libera da ogni forma di possesso, quella che può scoprire - e questo è un arduo compito. Non significa che bisogna ritirarsi nei boschi o in un monastero, o isolarsi in qualche credo particolare; al contrario, nell’isolamento non può esistere nulla. Esistere è porsi in relazione; è soltanto nelle relazioni che possiamo spontaneamente scoprire noi stessi così come siamo. È proprio questa scoperta di noi stessi come veramente siamo, senza alcun senso di condanna o giustificazione, che porta a una fondamentale trasformazione in ciò che siamo. Questo è l’inizio della saggezza.

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Domanda:
La funzione della mente è pensare.
Ho passato molti anni pensando a quelle cose che noi tutti sappiamo — affari, scienza, filosofia, psicologia, arte, e via dicendo — e adesso penso molto a Dio. Studiando le testimonianze di un grande numero di mistici e di altri scrittori religiosi, mi sono convinto dell’esistenza di Dio, e posso dare al riguardo il contributo del mio pensiero. Cosa c’è di sbagliato in questo? Il pensare a Dio non aiuta a portare alla Sua realizzazione?

J. Krishnamurti:
Può pensare a Dio? Può essere convinto dell’esistenza di Dio perché ha letto tutte le testimonianze? Anche l’ateo ha le sue testimonianze; probabilmente l’ateo ha studiato tanto quanto lei, e dice che Dio non esiste. Lei crede che vi sia Dio, e lui crede il contrario; entrambi avete le vostre convinzioni, entrambi avete passato del tempo pensando a Dio. Ma prima di pensare a qualcosa che non conoscete, dovete scoprire cosa sia il pensare, non è vero? Come potete pensare a qualcosa che non conoscete? Potete aver letto la Bibbia, la Bhagavad Gita, o altri libri in cui vari studiosi eruditi hanno abilmente descritto cosa è Dio, asserendo una cosa e smentendone un’altra; ma fintantoché non conoscete i meccanismi del vostro stesso pensiero, qualsiasi cosa pensiate di Dio potrebbe essere stupida e meschina, e generalmente lo è. Potete accumulare una grande quantità di prove sull’esistenza di Dio, e scrivere articoli davvero intelligenti sul tema, ma sicuramente la prima domanda sarà: come sapete che ciò che pensate è vero? Può il pensare portare all’esperienza di ciò che è inconoscibile? Il che non significa che voi dobbiate accettare
emotivamente o sentimentalmente delle sciocchezze su Dio. Quindi non sarebbe importante scoprire se la vostra mente è condizionata, piuttosto che cercare ciò che è non condizionato? Certamente se la vostra mente è condizionata, e lo è, per quanto possa indagare la realtà di Dio, potrà solo mettere insieme conoscenze o informazioni a seconda del proprio condizionamento. Perciò il vostro pensare a Dio è una completa perdita di tempo, un congetturare senza valore. È come il mio stare seduto in questo boschetto desiderando di essere sulla cima di quella montagna alle mie spalle. Se
voglio davvero scoprire cosa c’è sulla cima della montagna e oltre, devo scalarla. Starmene seduto qui a fare ipotesi, costruire templi, chiese, ed emozionarmi a proposito di tutto ciò, non serve a niente.
Quello che devo fare è alzarmi, camminare, lottare, sforzarmi, arrivare li e scoprire; ma poiché la maggior parte di noi non vuole farlo, ci accontentiamo di starcene qui seduti facendo congetture su qualcosa che non conosciamo. E io dico che questo congetturare è un ostacolo, un deterioramento della mente, non ha assolutamente alcun valore; conduce soltanto l’uomo a una maggiore confusione, a una maggiore sofferenza.
Dio è qualcosa di cui non si può parlare, che non può essere tradotto in parole, perché deve rimanere per sempre il non conosciuto. Nel momento in cui il processo di riconoscimento ha inizio, siete ritornati nell’ambito della memoria. Avete capito? Diciamo, per esempio, che voi avete un’esperienza momentanea di qualcosa di straordinario. In quel preciso istante non vi è nessuno che pensa: “Devo ricordarmi di questo”, vi è soltanto lo stato in cui si sperimenta. Ma non appena quel momento passa, il processo di riconoscimento si manifesta. Vi prego di seguirmi. La mente dice: “Ho avuto un’esperienza meravigliosa e vorrei che si ripetesse”, e così comincia la lotta per avere di più. L’istinto di acquisizione, il perseguimento del possesso, dell’ottenere di più, si manifesta per vari motivi: perché vi procura piacere, prestigio, sapere, perché vi fa diventare un’autorità, e tutte le altre sciocchezze del genere.
La mente persegue ciò di cui ha avuto esperienza, ma ciò di cui ha avuto esperienza è già passato, morto, andato. Per scoprire ciò che è, la mente deve morire a ciò di cui ha avuto esperienza. Non si tratta di qualcosa che può essere nutrito giorno per giorno, messo
insieme, accumulato, trattenuto, per poi parlarne e scriverci sopra.
Tutto quello che possiamo fare è vedere che la mente è condizionata, e comprendere il meccanismo del nostro stesso pensare attraverso la consapevolezza di sé. Devo conoscere me stesso non come mi piacerebbe essere idealmente, ma come sono realmente, per quanto brutto o bello, per quanto geloso, invidioso, avido. Ma è molto difficile vedere quello che siamo senza provare il desiderio di cambiario, e lo stesso desiderio di cambiamento è un’altra forma di condizionamento; ed è così che procediamo, andando da un condizionamento a un altro, senza mai fare esperienza di qualcosa che sia al di là di ciò che è limitato.

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(**)
Jiddu Krishnamurti nacque l'11 maggio del 1895 a Madanapalle, un piccolo paesino presso Madras nell'India sud-orientale, in un umilissimo contesto. Di salute cagionevole, da bambino rischiò più volte di morire (alcuni dei suoi fratelli sono invece deceduti prematuramente) per mancanza di cure adeguate, ma sopravvisse sempre, spesso miracolosamente. Ottavo figlio di dieci (e questo è il motivo del suo nome: anche Sri Krishna, di cui la madre era una devota, nacque come ottavo figlio), prima della sua nascita la madre, Sanjeevamma, ebbe una premonizione circa l'eminenza di questo nascituro, premonizione peraltro confermata, subito dopo la sua nascita, da un famoso e stimato astrologo che ne vaticinò appunto l'estrema grandezza. A dispetto delle predizioni però, si ravvisò ben presto negli atteggiamenti del piccolo K. una sorta di "ritardo mentale" che preoccupò molto sia i suoi genitori che il suo primo insegnante, il quale cercò di rimediare adottando nei confronti del piccolo ogni tipo di provvedimento, fino ad arrivare ai sistemi più brutali, tipici di quell'epoca, sistemi che peraltro si rivelarono, inutile dirlo, completamente inutili (si capiranno molto chiaramente in seguito tutti i reali motivi di questo presunto "ritardo mentale"). Il suo insegnante, divenuto egli stesso, da anziano, suo grande ammiratore, rimase sconcertato di fronte alla spaventosa intelligenza del Krishnamurti adulto, così tanto da non riuscire quasi a credere che fosse proprio lo stesso Krishnamurti che egli da bambino maltrattò così crudelmente a causa di quel totale rifiuto nell'apprendere anche le nozioni più elementari. Ma tutto faceva parte di un chiaro disegno: la mente del piccolo K. non doveva essere "corrotta" o "inquinata" da alcuna cultura, né da pseudo-patrimoni di "conoscenza" che ne avrebbero compromesso il suo ruolo futuro proprio a causa del condizionamento che avrebbero inevitabilmente generato nella sua mente. Questo aspetto del piccolo K. era accompagnato da un'altra curiosa particolarità: un esagerato altruismo. Il piccolo K. tendeva a liberarsi di tutto ciò che aveva, perché non sopportava l'idea che qualcuno avesse meno cose di lui; per questo donava agli altri anche quel poco che possedeva. Questo straordinario altruismo, unito al profondo amore per ogni essere umano, furono elementi distintivi che lo accompagnarono fino all'ultimo minuto dell'esistenza in vita (e forse anche oltre, se consideriamo il delizioso insegnamento che ci ha lasciato come sublime eredità).
Morta la madre, nel 1905, K. si trasferì pochi anni dopo con il padre ormai in pensione ed il resto della famiglia ad Adyar, luogo in cui dal 1882 si trovava il quartier generale della Società Teosofica (fondata in America nel 1875 dalla mistica russa Madame Helena Petrovna Blavatsky e da Henry Steel Olcott, suo "amico del cuore"). La Società, in quel periodo (1909) era abilmente guidata dai teosofi Annie Besant e Charles Webster Leadbeater, entrambi sensitivi. Quest'ultimo non tardò ad accorgersi della "speciale aura" che risplendeva intorno al piccolo K., e si convinse ben presto (aiutato dal Grande Maestro Kuthumi, con cui era in contatto akasico) dell'altissimo ruolo a cui K. era destinato:il veicolo del "Maestro del Mondo", il tramite tra l'umanità ed il Buddha Maitreya, di cui era stato annunciato l'evento.

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Rifletti e osserva attentamente ai tuoi credo (Degno), solo in questo modo comprenderai il processo della mente...


Emiliano.[SM=g27811]


Un giovane andò da un maestro e gli chiese: "Quanto tempo potrò impiegare per raggiungere lilluminazione?" Rispose il maestro: "Dieci anni". Il giovane era sbalordito. "Così tanto?" domandò incredulo. Replicò laltro: "No, mi sono sbagliato, ci vorranno venti anni". Il giovane chiese: " Perché hai raddoppiato la cifra?" Allora il maestro spiegò: "Adesso che ci penso, nel tuo caso ce ne vorranno probabilmente trenta".



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