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TV/ IN CORTE DI GIUSTIZIA UE ITALIA DIFENDE LEGGE GASPARRI
Nella causa su mancata assegnazione frequenze a 'Europa 7'
30-11-2006 18:20

Bruxelles, 30 nov. (Apcom) - L'Italia del governo Prodi difende la legge Gasparri e mantiene la stessa linea difensiva del precedente governo Berlusconi. E' successo oggi alla Corte europea di Giustizia, a Lussemburgo, durante l'udienza della causa relativa ad Europa 7. Durante l'udienza, l'Avvocato dello Stato italiano, Paolo Gentili, ha difeso la linea sostenuta dalla memoria difensiva del precedente governo Berlusconi, secondo quanto hanno confermato ad Apcom fonti della Corte di Giustizia. "In sostanza - affermano le fonti - l'Avvocato dello Stato ha mantenuto le posizioni espresse nelle osservazioni già depositate; non ha modificato nulla in punto di diritto, precisando tuttavia che sono in corso i primi passi legislativi per una riforma della Legge Gasparri, senza fornire ulteriori dettagli".

Europa 7 è l'emittente televisiva che ha avuto nel 1999 la concessione per la sua diffusione su scala nazionale, ma a che non ha mai potuto trasmettere su tutto il territorio italiano perché lo Stato non ha reso disponibili le frequenze. La Corte europea deve pronunciarsi dietro richiesta del Consiglio di Stato italiano, che aveva inviato l'anno scorso ai giudici di Lussemburgo una 'questione pregiudiziale' sul caso, articolata in 10 quesiti [1]. I quesiti riguardano il caso specifico del mancato piano di riassegnazione delle frequenze e alcuni punti della legge Gasparri sul riassetto del sistema radiotelevisivo, per i quali lo stesso Consiglio di Stato ha sollevato la questione di un possibile conflitto con il diritto comunitario e con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.

Secondo un comunicato di Europa 7 - che era presente all'udienza a Lussemburgo con il proprietario dell'emittente Francesco di Stefano e i suoi legali Alessandro Pace, Roberto Mastroianni e Ottavio Grandinetti - l'Avvocato dello Stato inviato dal governo Prodi "ha sostanzialmente riconfermato la linea difensiva voluta dal precedente Governo Berlusconi, nonostante le campagne contro la legge Gasparri sostenute, a suo tempo, anche in campagna elettorale, dall'attuale maggioranza. E questo, nonostante il Ministro Gentiloni avesse sostenuto l'illegittimità della Legge Gasparri, nella risposta alla recente messa in mora della Commissione europea" a proposito delle possibili discriminazioni sul mercato televisivo in occasione del futuro passagio al digitale terrestre.

Nel comunicato, inoltre, si riferisce che durante l'udienza "Europa 7 ha esposto le ragioni di illegittimità comunitaria della Legge Gasparri", mentre "la Commissione europea ha fornito importanti precisazioni sugli aspetti comunitari della controversia".




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testi tratti da:
curia.europa.eu


ATTIVITÀ DELLA CORTE DI GIUSTIZIA E DEL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE E DEL TRIBUNALE DELLA FUNZIONE PUBBLICA DELL'UNIONE EUROPEA

DAL 27 NOVEMBRE AL 1° DICEMBRE 2006

CORTE DI GIUSTIZIA
Giovedì 30 novembre

Quarta Sezione
Trattazione orale C-380/05 Centro Europa 7
Politica industriale
Interpretazione delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/20/CE, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva "autorizzazioni") (GU L 108, pag. 21) e del Parlamento europeo e del Consiglio 7 marzo 2002, 2002/21/CE, che istituisce un quadro normativo comune per le reti ed i servizi di comunicazione elettronica (direttiva "quadro") (GU L 108, pag. 33) - Interpretazione dell'art. 10 della C
Convenzione europea dei diritti dell'uomo - Obbligo degli Stati membri, nel settore delle attività televisive, di assicurare l'accesso alle reti e il mantenimento di una molteplicità di imprese sul mercato - Normativa nazionale che ammette la concessione di diritti individuali ad imprese non autorizzate dal piano nazionale con cui vengono individuati i concessionari dei servizi di trasmissione televisiva e che non consente ad un'impresa autorizzata dal piano nazionale di esercitare la sua attività





[1]
LA DOMANDA:

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea
14.1.2006

Domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dal Consiglio
di Stato con ordinanza 19/04/2005 nel procedimento
Centro Europa 7 Srl contro Ministero delle Comunicazioni
e Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Direzione
Generale Autorizzazioni e Concessioni Ministero delle
Comunicazioni
(Causa C-380/05)
(2006/C 10/19)
(Lingua di procedura: italiano)
Con ordinanza 19/04/2005, pervenuta nella cancelleria della
Corte di giustizia delle Comunità europee il 18/10/2005, nel
procedimento Centro Europa 7 Srl contro Ministero delle
Comunicazioni e Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni,
Direzione Generale Autorizzazioni e Concessioni Ministero
delle Comunicazioni, il Consiglio di Stato ha sottoposto alla
Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
1) Se l'art. 10 CEDU, come richiamato dall'art. 6 del Trattato
sull'Unione garantisca il pluralismo informativo esterno nel
settore radiotelevisivo, con ciò obbligando gli Stati membri
a garantire un pluralismo effettivo ed una concorrenza
effettiva, nel settore, basata su un sistema antitrust che, in
relazione allo sviluppo tecnologico garantisca accesso alle
reti e pluralità degli operatori, senza possibilità di ritenere
legittimi assetti duopolistici del mercato;
2) se le disposizioni del Trattato CE che garantiscono la
libertà di prestazioni di servizi e la concorrenza, nell'interpretazione
datane dalla Commissione con la comunicazione
interpretativa del 29 aprile 2000 sulle concessioni
nel diritto comunitario, esigono principi di affidamento
delle concessioni capaci di assicurare un trattamento non
discriminatorio, paritario, nonché trasparenza, proporzionalità
e rispetto dei diritti dei singoli e se, con tali disposizioni
e principi del Trattato contrastino le disposizioni del
diritto italiano di cui all'art. 3, co. 7 l. n. 249/1997, di cui
all'art. 1 del d.l. 24.12.2003 n. 352 conv. in l. n.
112/2004 (legge Gasparri) in quanto hanno consentito a
soggetti esercenti reti radiotelevisive «eccedenti» i limiti
antitrust, di continuare ininterrottamente ad esercitare la
loro attività escludendo operatori come la società appellante
che, pur in possesso della relativa concessione, assegnata
a seguito di regolare procedura competitiva, non
hanno potuto svolgere l'attività concessionata per mancata
assegnazione di frequenze (dovuta alla loro insufficienza o
scarsità, determinata dalla anzidetta prosecuzione dell'esercizio
da parte dei titolari delle c.d. reti eccedenti);
3) se, a decorrere dal 25 luglio 2003, l'art. 17 della direttiva
2002/20/CE (1) (direttiva autorizzazioni) imponesse l'efficacia
diretta di tale direttiva nell'ordinamento interno ed
imponesse l'obbligo, allo Stato membro che avesse rilasciato
concessioni per l'attività di radio diffusione televisiva
(comprensive del diritto d'installare reti o di fornire servizi
di comunicazione elettronica o diritto all'uso di frequenze),
di allinearle alla disciplina comunitaria e se tale obbligo
dovesse comportare la necessità di effettivamente assegnare
le frequenze necessarie per svolgere l'attività;
4) se l'art. 9 della direttiva 2002/21/CE (2) direttiva quadro e
l'art. 5 della direttiva autorizzazioni prevedendo procedure
pubbliche, trasparenti e non discriminatorie (art. 5) svolte
in base a criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e
proporzionali (art. 9) siano in contrasto con un regime di
generale assentimento, previsto dal diritto nazionale (art.
23, co. 5 l. 112/2004), che, consentendo la prosecuzione
delle «c.d. reti eccedenti» non selezionate a mezzo gare
finisce per ledere i diritti di cui godono altre imprese in
forza della normativa comunitaria (art. 17 co. 2 direttiva
7.3.2002 n. 2002/20/CE c.d. direttive autorizzazioni), le
quali, pur vincitrici di procedure competitive si vedono
preclusa la possibilità di operare;
14.1.2006 IT Gazzetta ufficiale dell'Unione europea C 10/9
5) se l'art. 9 della direttiva 2002/21/CE (direttiva quadro),
l'art. 5, par. 2, co. 2 e 7 par. 3, direttiva 2002/20/CE (autorizzazioni)
e 4 della direttiva 2002/77/CE (3) imponessero
agli Stati membri di far cessare, quantomeno a decorrere
dal 25 luglio 2003 (v. art. 17 direttiva autorizzazioni) una
situazione di occupazione di fatto delle frequenze (esercizio
d'impianti senza concessioni o autorizzazioni rilasciate
a seguito di comparazione degli aspiranti) con riferimento
all'attività di radiodiffuzione televisiva, quale quella
svolta, così non consentendo uno svolgimento di tale attività
al di fuori di qualsiasi corretta pianificazione dell'etere
ed al di fuori di ogni logica di incremento del pluralismo
oltre che in contraddizione con le stesse concessioni assegnate
dallo Stato membro all'esito di una procedura
pubblica;
6) se la deroga prevista dell'art. 5, par. 2, co. 2 direttiva
2002/20/CE (direttiva autorizzazioni) e dell'art. 4 direttiva
2002/77/CE fosse e sia invocabile dallo Stato membro solo
a tutela del pluralismo informativo e per garantire la tutela
della diversità culturale o linguistica e non a favore degli
esercenti di reti eccedenti i limiti antitrust già previsto dalla
normativa nazionale;
7) se, per avvalersi della deroga di cui all'art. 5 direttiva
2002/20/CE lo Stato membro debba indicare quali sono
gli obiettivi effettivamente perseguiti con la normativa
derogatoria nazionale;
8 ) se, tale deroga possa applicarsi al di fuori del caso dalla
concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo (RAI in
Italia) anche a favore di operatori privati non vincitori di
procedure competitive ed a danno di imprese che abbiano
invece regolarmente visto assentita una concessione a
seguito di gara;
9) se, ancora, il quadro di regole derivanti dal diritto comunitario
dei Trattati e derivato, improntato a garantire una
concorrenza effettiva (workable competition) anche nel
settore del mercato radiotelevisivo, non avrebbe dovuto
imporre al legislatore nazionale di evitare la sovrapposizione
della proroga del vecchio regime transitorio analogo
collegata all'avvio del c.d. digitale terrestre, poiché solo nel
caso del c.d. switch-off delle trasmissioni analogiche (con il
conseguente passaggio generalizzato al digitale) sarebbe
possibile riallocare frequenze liberate per vari usi, mentre,
nel caso del mero avvio del processo di transizione al digitale
terrestre, si rischia di ulteriormente aggravare la scarsità
delle frequenze disponibili, dovuta alla trasmissione
analogica e digitale in parallelo (simulcast);
10) se, in ultimo la tutela del pluralismo delle fonti d'informazione
e della concorrenza nel settore radiotelevisivo garantita
dal diritto europeo sia assicurata da una disciplina
nazionale — come la l. n. 112/2004 — che prevede un
nuovo limite del 20 per cento delle risorse, collegato ad un
nuovo paniere (il c.d. SIC: art. 2 lett. 9; art. 15 l. n.
112/2004) molto ampio che include anche attività che
non hanno impatto sul pluralismo delle fonti d'informazioni,
mentre il «mercato rilevante» nel diritto antitrust è
costruito normalmente differenziando i mercati, nel settore
radiotelevisivo, perfino distinguendo fra pay-tv e televisioni
non a pagamento che opera via etere (si vedano inter alios
i casi della Commissione no. COMP/JV. 37-BSKYB/Kirch
Pay TV Regulation (EEC) NO. 4064/89 Merger Procedure
21/03/2000 e no. COMP/M.2876-NEWSCORP-TELEPIU'
Regulation (EEC) NO. 4064/89 Merger Procedure 2/4/
2003).



(1) Gazzetta ufficiale n. L 108 del 24/04/2002 pag. 0021
(2) Gazzetta ufficiale n. L 108 del 24/04/2002 pag. 0033
(3) Gazzetta ufficiale n. L 249 del 17/09/2002 pag. 0021





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