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Corsera Magazine
14 settembre 2006
Claudio Sabelli Fioretti intervista Clementina Forleo

Clementina Forleo, il magistrato che fa parlare di sé. E dà scandalo quando assolve presunti terroristi islamici e nella sentenza dice che bisogna fare attenzione a non confondere terrorismo con resistenza. La destra spara a palle incatenate. «Era una mattina difficile, gli attacchi mi piovevano addosso e mi sentivo persa. Avevo acceso la televisione e avevo sentito parlare di “braccio di ferro tra Pisanu e Forleo”. Mi sono sentita male». E quella mattina nacque la strana amicizia tra Clementina Forleo e Giulia Bongiorno, l’avvocato di Andreotti. «Mi avevano parlato di lei come di persona tenace, forte, grintosissima. L’ho scelta subito».
Querele a destra e a manca.
«Non ho querelato i “poveretti”, i rozzoni. Ho querelato solo le persone che avevano un dovere istituzionale di tacere. O di esprimere il loro dissenso in una maniera civile».
Il ministro Gasparri l’ha invitata ad andare a fare la calza.
«L’ho querelato. Con tutto il rispetto per la calza, non sono capace».
La Bongiorno, parlamentare di An, ha cercato di convincerla a rinunciare alla querela.
«Io lo farei anche. Ma dopo un risarcimento del danno, morale e materiale. Gasparri appartiene a un partito che io stimo moltissimo, ma lui esagera».
Il ministro Pisanu disse che se fosse successo qualcosa, tipo un attentato, lei se ne sarebbe dovuta assumere la responsabilità.
«Non l’ho querelato ma mi riservo di fare azione civile. Questa frase mi toccò in una maniera profonda anche perché fu seguita da una marea di lettere di minacce, pesantissime. Addirittura una preannunciava la morte dei miei genitori. Una fatale coincidenza: dopo un po’ i miei morirono in un incidente stradale. Arrivai a pensare perfino che fosse un sabotaggio».
Perché non l’ha querelato?
«Non volevo creare problemi. Me li sono tenuti nel cassetto. E la chiave la tengo io».
Chi sono i rozzoni che non ha querelato?
«Gente che non sapeva nemmeno di che cosa parlava».
Borghezio… ha detto che bisognava accertare il suo equilibrio mentale. Che lei è una vergogna per Milano.
«Un Borghezio non si querela».
Cossiga ha detto che lei avrebbe dovuto darsi al tennis.
«Mi sono fatta una bella risata».
Il ministro Calderoli ha detto che di fronte a sentenze come la sua gli si rivolta lo stomaco.
«L’ho querelato. Ma gli consiglio di curarsi se ha problemi di stomaco».
Cicchitto ha parlato di sentenza aberrante, ha detto che lei ha solidarizzato con il terroorismo.
«Querelato».
Selva ha detto: magistrato con la kefiah.
«Querelato».
I giudici non dovrebbero querelare mai. Davanti a un giudice la partita non è ad armi pari.
«Non è vero che cane non mangia cane. Pensi solo al collega di Brescia, Spanò, che sullo stesso caso di cui stiamo parlando ha scritto una sentenza dai toni pesantissimi nei miei confronti».
Ha scritto: «La pretesa distinzione fra guerriglia legittima e terrorismo indiscriminato è frutto di un ragionamento confuso sul piano logico».
«Un collega può pensarla diversamente. Ma il dissenso deve essere pacato e leale. Il giudizio non può sconfinare da toni civili».
Giulia Bongiorno dice che è dura farle cambiare opinione…
«È vero, sono una persona che difficilmente perdona. Distinguo fra colpa e dolo. Perdono la colpa. Il dolo no».
A destra molti ipergarantisti difendono i potenti e condannano i deboli e la povera gente.
«Se un pentito inguaia un presunto terrorista islamico è credibile. Se parla di imputati eccellenti… Previti… Andreotti, bisogna cercare mille riscontri. Da magistrato lo dico ad alta voce: la legge non è uguale per tutti».
Lei conferma che un guerrigliero non è un terrorista?
«Ma è una banalità. Solo che il momento era caldo. Io credo che sia stata fatta poca giustizia su quello che è successo prima in Afghanistan, poi in Iraq e infine a Guantanamo. Secondo me è un altro Olocausto».
Ci si mette anche lei?
«Non faccio paragoni tra Israele e nazisti: non mi competono giudizi storici né di valore. Ma è un dato di fatto che sono stati perpetrati, col consenso della cosiddetta civiltà occidentale, abusi macroscopici. La storia darà ragione a chi sostiene che si è trattato di un vero sterminio, un genocidio. Un altro Olocausto».
Dall’altra parte… i kamikaze…
«Il kamikaze è una bomba umana, punto e basta. Sicuramente meno offensiva dei mezzi a disposizione dei suoi nemici. Il problema è l’obiettivo, non lo strumento. È chiaro che se il kamikaze si fa esplodere in un mercato è un terrorista. Se però il suo obbiettivo è militare… siamo in guerra. Mi sembra una ovvietà».
Ma non mi sembra che si sia mai verificato un attacco di kamikaze su obbiettivi militari....
«Tutt’altro».
Lei in occasione della sentenza venne lapidata dal centro-destra…
«E lasciata sola dalla sinistra che temeva, forse, di perdere un certo consenso elettorale. Io penso che ci sia molta malafede anche nei politici, soprattutto in molti politici cosiddetti di sinistra».
Perché cosiddetti?
«Mi ha colpito una bellissima frase di Ezio Mauro, direttore della Repubblica: “La destra ci fa paura per quello che è, la sinistra per quello che non è”. Questa sinistra mi spaventa, francamente».
Si aspettava che la difendesse?
«Quando si parla di riduzione delle garanzie liberali, io mi aspetto che la sinistra intervenga».
Lei è di sinistra?
«Non voto spesso. Quelle poche volte che ho votato l’ho fatto tappandomi il naso».
Si è tappata il naso e ha votato chi?
«Mi sono tappata il naso, punto e basta».
Ho fatto un po’ di domande in giro: lei è di destra.
«Non sono né di destra né di sinistra. In questo momento, se dovessi votare, rimarrei a casa».
Il primo voto?
«Non mi faccia queste domande imbarazzanti. Militavo nell’Azione Cattolica ma frequentavo amici di sinistra. E tutti mi accusavano di ambiguità. D’altra parte siccome il mondo è rotondo alle ultime elezioni li ho trovati tutti sullo stesso palco, alleati, quelli che mi criticavano da sinistra e quelli che mi criticavano da destra».
L’indulto…
«L’indulto è una vergogna, una grande vergogna».
I politici indagati e condannati…
«Quando si auspica legalità negli enti pubblici bisogna dire che i partiti debbono smetterla di candidare personaggi inquinati ed inquietanti».
Quando tutti la attaccavano lei diceva: sono attacchi maschilisti…
«Spanò non avrebbe detto quelle cose se al posto mio ci fosse stato un uomo».
È ancora forte il maschilismo?
«Il maschilismo è più mascherato di una volta ma impera. Ancora oggi per colpire una donna si dice che è di facili costumi. La donna fa carriera sempre grazie a qualcuno. È andata a letto con Tizio, con Caio».
Lei con chi è andata a letto per fare carriera?
«Intanto non mi risulta di aver fatto carriera. Comunque, secondo le dicerie, con persone che per povertà d’animo non meritano. Per dirla nel mio gergo, si tratterebbe di un “reato impossibile”. Ogni ufficio è un cortile, anche in tribunale».
Secondo lei i giudici sono antropologicamente diversi?
«Il grande Silvio mi ha fatto morire dal ridere quando l’ha detto. Ma io non sono una che vuole salvare a tutti i costi la casta. Molti colleghi, proprio per carattere e per indole, non sono adatti a fare il magistrato. Se non hanno coraggio, se vogliono salvare capra e cavolo, il magistrato non possono farlo. Diplomazia, mediazione, compromesso, senso dell’opportunità non devono appartenere ad un magistrato».
Un giudice può fare politica?
«No. Ma per quale motivo non può battersi per il riconoscimento di diritti civili? Perché non può dire che il conflitto in Iraq è un altro Olocausto? Perché non può dire che a Guantanamo si stanno perpetrando orrori da parte della civiltà occidentale? Un giudice lo può e lo deve dire».
Perché ha fatto il giudice?
«Avevo fatto il concorso per entrare in polizia e quello per entrare in magistratura. Li vinsi entrambi, ma prima quello per la polizia. Ho fatto il poliziotto per qualche mese. È stata un’esperienza utilissima. Ogni magistrato dovrebbe fare prima il poliziotto. Come ogni poliziotto dovrebbe fare prima l’immigrato. Come tutti i politici dovrebbe ricordarsi che i loro nonni sono stati a loro volta immigrati. Immigrati non si nasce. Lo si diventa per fame».
I suoi genitori…
«Mio padre era avvocato. Ma poi si è dedicato all’azienda agricola di mio nonno. Mia madre era insegnante di matematica. Ho avuto un’educazione molto rigida».
Ricordi…
«Di fronte a casa mia c’è un vicoletto che trasuda ancora povertà estrema. Ricordo uno degli amichetti di allora. Mi dicono che è diventato un pericoloso delinquente. Per questo penso sempre al problema dei motivi a delinquere. Una norma del codice penale dice che la pena va commisurata anche ai motivi a delinquere. Ma raramente la si applica. Eppure se uno ruba al supermercato perché ha dieci bambini ha diritto a una pena più clemente rispetto a un ricco cleptomane o a chi ruba per comprarsi la Porsche».
Ma lei è una comunista…
«Il codice penale non mi risulta che l’abbiano fatto solo i comunisti».
I suoi giochi da bambina.
«Mi piacevano molto le pistole. Invidiavo gli amichetti. Perché io la bambola e loro le pistole? Mi sono piaciute sempre le armi. Non come strumento di violenza. Come sport. Vado spesso al poligono ad esercitarmi con la pistola».
Lei era bravissima a scuola.
«Sì. Sono stata anche alfiere del lavoro, un premio che si dà ai primi 25 maturandi. Tutti mi sfottevano per questo… la secchiona. Portai una tesina su Carlo Marx».
Vede? Comunista.
«Ma la tesina era molto critica e il mio professore era un sacerdote».
La storia dell’egiziano che non aveva pagato il biglietto della metro: lei intervenne per difenderlo quando le sembrò che i poliziotti lo stessero maltrattando. E si offrì di testimoniare in suo favore.
«Detesto la violenza e l’arroganza. Soprattutto quando è esercitata sui deboli. E intervengo, non mi faccio i fatti miei. Se nel mio condominio sento delle urla femminili, immagino che sia una donna picchiata e corro in suo aiuto».
È una rompicoglioni, diciamocelo…
«Diciamocelo».
Chi sono i magistrati che le piacciono?
«Quelli che accettano il rischio di non fare carriera. Qualcuno si è offeso perché ho detto che al Sud la giustizia non va. Ma è un dato di fatto. Non è questione di persone. È una situazione di stallo. Vivi e lascia vivere. Basta farsi un giro sulle coste per vedere come funzionano le cose. Ma magistrati bravi ci sono. Woodcock mi piace. Avrà potuto fare degli errori…».
Alcune delle sue inchieste non hanno retto.
«Ma, mi dicono, per vizi procedurali e non sostanziali. Per esempio, le intercettazioni non erano state fatte da impianti della procura. E andiamo a vedere quanto reggono quelle degli altri, statistiche alla mano. Ce ne fossero mille di Woodcock nel nostro Sud. Vittorio Emanuele non è stato mica scarcerato per mancanza di gravi indizi. Quella sua indagine ha avuto il merito di farci capire anche come funziona la Rai».
Qual è la televisione che non le piace?
«La cosiddetta televisione “seria”. Non sopporto Porta a Porta. Ci sono sempre gli stessi personaggi che sanno sempre tutto e in realtà non sanno niente. Mi sono divertita da morire quando ho letto le intercettazioni in cui dicevano: non ti preoccupare, invitiamo chi vuoi tu, il programma lo confezioniamo su misura».
La riforma Castelli: bisogna tornare al passato?
«Alcuni aspetti della riforma io li condivido. Tipo la separazione delle carriere dei magistrati. Il problema è non renderla strumentale all’obbiettivo di controllare i pubblici ministeri».
Il ministro della Giustizia che le è piaciuto di più in questi ultimi anni…
«Oliviero Diliberto. È una persona intransigente, coerente».
Fu molto criticato quando andò a prendere la Baraldini all’aeroporto.
«Errare humanum est. Se dovessi votare a sinistra voterei per lui».
E se dovesse votare a destra?
«Voterei Fini».
E gli altri ministri? Castelli?
«Omissis».
Fassino?
«Omissis».
Mastella?
«Io devo continuare a lavorare...».


INES TABUSSO