00 22/08/2006 21:22

ECCO IL CATALOGO:

"strepitosa sciatteria"
"deontologia professionale ormai decaduta"
"denunce all´ordine dei giornalisti"
"falso, falsissimo"
"fantagiustizia"
"ragionamento sgangherato"
"rappresentazione trucido-esorcistica"
"scorretto e' il riferimento"
"contare balle"
"manipolazioni e omissioni"
"rimozione intenzionale"




L'UNITA'
22 agosto 2006
Indulto, quante bugie
Luigi Manconi
www.giustizia.it/ministro/uffstampa/sottosegretario_man...

Ancora a proposito dell´indulto. La campagna giornalistica in corso, se fosse
applicata con medesima metodologia e analoga strepitosa sciatteria ad altri
temi (che so? il prezzo dei fagiolini o le nomine negli enti pubblici), solleverebbe
scandalo. E indignazione morale, riflessioni amare sulla deontologia professionale
ormai decaduta, denunce all´ordine dei giornalisti. Così non è in questo
caso: sia perché il tema è sommamente impopolare sia perché conta, per molti,
il brivido (inedito) della trasgressione ben temperata («gliele cantiamo
chiare noi, al governo amico...»). Vuoi mettere? E così può accadere di leggere,
su più giornali, dati alla lettera insensati; e addirittura un titolo di
prima pagina, che così recita (o meglio: strepita): «L´indulto salverà i
furbetti. Per i protagonisti degli scandali finanziari niente carcere». Ma
è falso, falsissimo.
freeforumzone.leonardo.it/viewmessaggi.aspx?f=71485&idd=2758
Certo, è suggestivo: dal momento che i «furbetti» evocati (Fiorani e Consorte,
Fazio e Cragnotti) rappresentano assai efficacemenete - e spesso assai giustamente
- le maschere più significative dell'arroganza economico-finanziaria.

Ma, detto questo, siamo alla fantagiustizia: e il ragionamento che vorrebbe
giustificare questa rappresentazione trucido-esorcistica è davvero sgangherato.
Vengono prospettati, infatti, come effetti certi dell'indulto quelle che
sono situazioni meramente ipotetiche, in casi in cui la responsabilità penale
dei singoli indagati deve essere ancora accertata. E si tratta di casi dove
vengono impropriamente accostati all'indulto gli effetti del ricorso ai riti
alternativi, alla durata della prescrizione, alla compatibilità della custodia
in carcere con le condizioni di salute o con i limiti di età; misure che
rappresentano una serie di previsioni normative valide per tutti i soggetti
coinvolti in un procedimento penale.

Insomma, si addiziona lo sconto di pena al realizzarsi di tutte, proprio
tutte, le condizioni più favorevoli (attenuanti, benefici, misure premiali),
ipotizzando che i diversi magistrati (quelli di merito e quelli di esecuzione
e di sorveglianza) li concedano. Così l'ipotesi del condono di un periodo
di sei anni di carcere per qualcuno dei soggetti interessati è sicuramente
suggestiva, ma del tutto fuorviante. In questo caso, c'è esclusivamente l'anticipazione
del godimento di un beneficio (l´affidamento in prova ai servizi sociali),
di cui l'interessato - sia chiaro: solo col consenso del magistrato competente
- avrebbe potuto usufruire comunque.

Altrettanto scorretto e' il riferimento alla cumulabilità degli effetti del
giudizio abbreviato. Le conseguenze dei riti alternativi ci sarebbero state
in ogni caso, una volta operata tale scelta da parte dell'interessato. E,
nella valutazione complessiva delle ricadute dell'indulto, si arriva persino
a considerare in modo pregiudizievole anche i sei mesi di custodia cautelare
già sofferta. Forse che, invece, si dovrebbe replicare la pena e considerare
la custodia cautelare come una sanzione aggiuntiva? E analogo discorso vale
anche per il riferimento alla legge cosiddetta «ex-Cirielli» e per i tempi
di prescrizione.

L'indulto, d'altra parte, non incide sugli effetti della responsabilità civile
del condannato e lascia inalterata l'efficacia delle pene accessorie. Certamente,
una risposta adeguata alle legittime istanze delle parti lese presuppone,
in questo caso, una qualità della giustizia civile superiore a quella attuale.

Ma perché, in ogni caso, contare balle? In questa vicenda, tra le molte manipolazioni
e omissioni, spicca la rimozione intenzionale del contributo dato al dibattito,
in commissione Giustizia e nell'aula del Senato, da Felice Casson, pubblico
ministero nel processo per le vittime del Petrolchimico di Marghera e non
certo sospettabile (almeno lui!) di «garantismo peloso».

Ecco le sue parole: «Nei giorni scorsi, sono state fornite pubblicamente
notizie sbagliate sul fatto che questo condono negherebbe la possibilità
a centinaia e centinaia di operai colpiti da patologie tumorali letali, a
causa dell'amianto, di ottenere il risarcimento del danno.

Non è vero: pena condonata non significa annullamento della responsabilità
penale. Se c'è pena condonata, vuol dire che una pena è stata inflitta [1]
e che vi è stato un regolare processo. Non vengono cancellati con l'indulto
né il processo, né le responsabilità penali, né le pene accessorie e neppure
il risarcimento dei danni». E poi, a proposito del mancato inserimento dell'articolo
416-ter del codice penale [2] tra i delitti esclusi dal provvedimento di
condono, Casson ha affermato: «Ritengo che questo sia un falso problema:
infatti, l'inserimento viene motivato perché vi è un collegamento con le
attività di carattere criminale mafioso, ma tale fattispecie in particolare,
cioè il voto di scambio all'interno o in collegamento con associazioni mafiose,
è già compresa nell'articolo 416-bis, comma terzo, del codice penale [2].
Basta leggere l'articolo per rendersene conto [2]. È quindi inutile questo
inserimento. Ne comprendo il significato pubblicitario e propagandistico,
ma è inutile». Non sarà che le componenti autoritarie del centrosinistra,
così ostili all'indulto, perseguono - solo ed esclusivamente - proprio quel
fine «pubblicitario e propagandistico»?

Pubblicato il: 22.08.06
Modificato il: 22.08.06 alle ore 8.28








[1]
Peccato che si stesse parlando di casi per i quali la pena non e' ancora
stata inflitta:

"L'altro giorno ho intervistato l'avvocato Bonetto, che rappresenta 800 vittime
dell'Eternit e ha appena visto sfumare la trattativa con i responsabili della
multinazionale per i risarcimenti ai morti e ai malati da amianto perché
la multinazionale medesima ha avuto la garanzia da Roma che entro l'anno
passerà l'amnistia; l'avvocato ha poi osservato che, includendo nell'indulto
anche l'omicidio colposo per i morti sul lavoro, si garantirà ai colpevoli
una sostanziale impunità, visto che per quel reato è pressochè impossibile
arrivare a condanne superiori ai 3 anni. In seguito a quell'intervista, uscita
su Repubblica e ripresa dall'Unità, la Cgil ha chiesto di escludere dall'indulto
gli omicidi colposi e gli altri reati contro la salute e l'incolumità dei
lavoratori (anche per questi, non c'è nessun detenuto). Sofri qualifica queste
notizie, assolutamente autentiche, verificate e mai smentite da alcuno, come
«falsità assolute e ciniche». Lo invito a informarsi meglio: scoprirà che
è tutto vero".
(Marco Travaglio, L'Unita', 29 luglio 2006)


"Di che cosa si è dunque reso "reo" Marco Travaglio? Di aver intervistato
l'avvocato Bonetto, parte civile per le vittime da amianto della multinazionale
svizzera Eternit, il quale si è visto interrompere le trattative per il risarcimento
alle vittime. È raro che all'omicidio colposo si possano dare più di tre
anni di carcere. I responsabili dell'Eternit sanno di cavarsela e dunque
non pagano più. (E a Bonetto, Travaglio non «fa dire», come vorrebbe Sofri:
è Bonetto che dice)".
(Antonio Tabucchi, L'Unità, 6 agosto 2006)


"Se un rapinatore viene condannato a 10-12 anni e gliene
abbuonano 3, qualche anno di galera se la fa. Ma se un colletto bianco viene
condannato a 3 anni e gliene abbuonano 3, non paga nemmeno per un giorno.
Non solo: quando rischia la galera, il colletto bianco è indotto a patteggiare
la pena per guadagnarsi lo sconto; in questo caso il pm può condizionare
il patteggiamento al risarcimento delle vittime (cioè dello Stato, nei casi
di Tangentopoli, o dei morti e feriti sul lavoro, nei casi di omicidio colposo
in fabbrica o in cantiere). Quando non rischia la galera, invece, il colletto
bianco imputato si guarda bene dal risarcire le vittime durante il processo
penale: preferisce costringerle a far causa civile, rinviando il tutto di
10-15 anni, quando saranno tutti morti. Bel risultato, non c'è che dire".
(Marco Travaglio, commentando una lettera di Fassino a proposito dell'indulto, agosto 2006, www.beppegrillo.it/)




[2]
"Basta leggere l'articolo per rendersene conto".

Appunto:

- nel 416 bis, terzo comma, si parla di avvalersi della "forza di intimidazione
del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà
che ne deriva" finalizzati a "impedire od ostacolare il libero esercizio
del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni
elettorali".
Quindi pare trattarsi piu' di una minaccia.

- nel 416-ter si parla di "chi ottiene la promessa di voti prevista dal
terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione di denaro",
e l'erogazione di denaro assomiglia piu' a una lusinga che a una minaccia.
Quindi sembrano due comportamenti diversi (e se non fossero diversi, perche'
ci sarebbero due articoli, e non uno solo?)

Tuttavia bisognerebbe piuttosto chiedersi a che serve escludere l'indulto
per il 416 bis e poi concederlo per tutti gli altri reati per cui vengono
spesso condannate le persone condannate anche per 416 bis (falsificazioni
di documenti, furti, etc.): alla fine della fiera lo sconto riescono ad averlo
comunque, anche escludendo il 416 bis dall'indulto.


vedi:

Codice Penale

articolo 416-bis Associazione di tipo mafioso
(così modificato dall'articolo 1, comma 2, legge n. 251 del 2005)

1. Chiunque fa parte di un associazione di tipo mafioso formata da tre o
più persone, è punito con la reclusione da cinque a dieci anni.

2. Coloro che promuovono, dirigono o organizzano l'associazione sono puniti,
per ciò solo, con la reclusione da sette a dodici anni.

3. L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono
della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di
assoggettamento e di omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire
in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività
economiche, di concessioni di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici
o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al
fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare
voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.

4. Se l'associazione è armata si applica la pena della reclusione da sette
a quindici anni nei casi previsti dal primo comma e da dieci a ventiquattro
anni nei casi previsti dal secondo comma.

5. L'associazione si considera armata quando i partecipanti hanno la disponibilità,
per il conseguimento della finalità dell'associazione, di armi o materie
esplodenti, anche se occultate o tenute in luogo di deposito. Se le attività
economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo
sono finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, o il profitto
di delitti, le pene stabilite nei commi precedenti sono aumentate da un terzo
alla metà.

6. Nei confronti del condannato è sempre obbligatoria la confisca delle cose
che servirono o furono destinate a commettere il reato e delle cose che ne
sono il prezzo, il prodotto, il profitto o che ne costituiscono l'impiego.

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alla camorra
e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi
della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti
a quelli delle associazioni di tipo mafioso.



articolo 416-ter. Scambio elettorale politico-mafioso

1. La pena stabilita dal primo comma si applica anche a chi ottiene la promessa
di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio
della erogazione di denaro.












[Modificato da INES TABUSSO 23/08/2006 0.05]

INES TABUSSO