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MA NON ERA LA "CASALINGA DI VOGHERA"? BOH



LA PADANIA
1 novembre 2005
CSM E MAGISTRATURA, QUANTO PESA LA CULTURA DI SINISTRA

Igor Iezzi
Firenze come Lecco: ai nomadi è consentito fare ciò che vogliono, tanto nei loro confronti i magistrati non applicano alcuna legge. La colpa, secondo il ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, va cercata nella cultura di sinistra, che permea i tribunali. Una cultura che vuole imporci il «meticciato» e che «odia la nostra identità, ci vuole cancellare dalla faccia della terra. Qualsiasi azione che sia contro di noi, contro la nostra civiltà, contro i nostri usi e costumi è tollerata, mentre, invece, ogni reazione è duramente repressa nel nome del famoso meticciato».
«Noi - è l’amara constatazione del Guardasigilli - dobbiamo, volenti o nolenti, diventare meticci». A Firenze una nomade che ha tentato di rapire un neonato di cinque mesi è stata scarcerata subito e a Lecco, a febbraio, tre nomadi furono condannate, per lo stesso gesto, a soli otto mesi e dieci giorni, con pena sospesa. Decisioni che hanno scatenato le ire di molti cittadini che non si sentono più difesi da questa magistratura.
«Occorre giudicare con cautela, bisogna vedere com’è realmente la vicenda processuale - ha affermato il Guardasigilli -. Ma se, per caso, fosse vera la notizia pubblicata dai giornali, cioè che chi tenta di rapire una bambina viene scarcerata, siamo di fronte alla solita mentalità che oramai dilaga in Italia. Io non so se il magistrato sia di sinistra, comunque questa è la mentalità di sinistra secondo la quale gli extracomunitari possono fare quello che vogliono, sono slegati in modo assoluto da ogni rispetto della legge, qualsiasi cosa facciano gli viene perdonata. Se a comportarsi in un certo modo fosse stata la signora di Voghera, cosa sarebbe successo?»
A Lecco, a febbraio, si era registrato un caso simile
«Si tratta di un caso analogo, le nomadi coinvolte erano state condannate per sottrazione di minore. Una totale assurdità».
Perché parla di assurdità?
«La sottrazione di minore è una fattispecie di reato che non c’entrava nulla con la vicenda. Per quell’episodio i magistrati avevano trovato una via di mezzo che non stava in piedi».
È un reato minore?
«È la fattispecie che i magistrati usano quando un bambino viene affidato alla moglie, in un caso di divorzio, e il marito lo porta via. È punito in modo molto meno grave rispetto al rapimento. Addirittura, negli Stati Uniti, chi incappa nel rapimento di un bambino viene condannato alla pena di morte; in sostanza è un reato che viene equiparato all’omicidio. Anche nel nostro codice penale il rapimento a scopo di estorsione viene punito duramente. Il rapimento è un delitto orrendo se si considera che chi rapisce un bambino lo fa a scopo di estorsione o per venderlo come schiavo».
Alla fine, nel caso di Lecco, hanno trovato una soluzione compromissoria
«Una soluzione trovata senza averne il diritto e che, di solito, si riferisce a genitori separati: c’è una differenza enorme con il rapimento. La sottrazione di minore non aveva nessun senso. Tanto è vero che sono nate molte polemiche quando, in Appello a Milano, hanno derubricato il reato dicendo che non era provato che da parte di queste nomadi c’era stata la volontà di rapire. Le nomadi sono state così scarcerate».
La gente rimase molto sconvolta da quella decisione
«Se uno pensa che, effettivamente, ci sia la volontà di portare via un bambino e il reato, anzichè chiamarlo con il suo nome, rapimento, lo si derubrica a semplice sottrazione di minore, allora è chiaro che la gente resta sconcertata. Il caso di Firenze è abbastanza simile anche se occorre chiarire cosa sia accaduto. Per questo sono prudente. Se fosse realmente provata la volontà della nomade di sottrarre il bambino, il fatto di averla scarcerata diverrebbe grave».
Secondo il Procuratore di Firenze, Ubaldo Nannucci, «se non ci si fida dell’obiettività del giudice esiste un rimedio semplice: reintrodurre la giuria popolare». Cosa ne pensa?
«Reintrodurre la giuria popolare? La ritengo un’ottima idea».
Lei ha parlato di sentenze lontano dal comune senso di Giustizia popolare. Eppure l’Associazione Nazionale Magistrati ha detto che non è un criterio utilizzabile per scrivere una sentenza, per cui serve solo la legge. Condivide questa impostazione?
«Io sono d’accordo che bisogna decidere secondo le norme, il problema è che spesso si usa la legge sempre in senso garantista, oppure la si vìola apertamente».
Come nel caso di Firenze?
«In quest’ultimo caso la legge consentiva di porre l’ accusata, nel caso di un rapimento, in custodia cautelare. Mi sembra che in casi come questi la possibilità di reiterazione dei reati e di fuga sia assolutamente pertinente. Ci sono stati casi in cui la legge è stata completamente ignorata e disapplicata, con una mentalità che oltretutto andava contro il comune sentire della gente. Le faccio un altro esempio: un magistrato che doveva giudicare un extracomunitario che vendeva merce contraffatta senza licenza, quindi commettendo una serie di reati, lo ha assolto perché agente in stato di necessità. Ciò è successo in presenza di una legge che punisce questo tipo di reati. Io l’ho deferito al Csm per abnorme sentenza».
Il Csm come lo ha giudicato?
«Ovviamente lo ha assolto. Se l’Anm chiede il rispetto della legge è d’accordo con me. Io, invece, lancio certi segnali perché spesso, in nome di una certa mentalità di sinistra che purtroppo permea anche alcuni magistrati, a chi è straniero è concesso tutto e le leggi italiane non valgono più».
Una sorta di razzismo al contrario?
«Certo, vorrei vedere se la stessa cosa fosse accaduta ad una signora di Voghera. Se avesse tentato di rapire una bambina l’avrebbero scarcerata altrettanto velocemente?».
Vede una disparità di trattamento tra cittadini ed extracomunitari?
«Spesso agli extracomunitari vengono permessi atti violenti. Andiamo a vedere quale severità è stata applicata in casi diversi, tipo i Serenissimi che, tutto sommato, non hanno fatto male a nessuno e hanno pagato con anni di galera, o alcuni nostri ragazzi che per azioni meramente politiche sono finiti sotto processo. Una cosa passata sotto silenzio e curiosa riguarda la Fallaci: denunciata a Bergamo, il Pm ha chiesto l’archiviazione, mentre il gip non ha accettato questa richiesta e ha invitato a formulare l’accusa. La Fallaci quindi verrà giudicata. Agli italiani non è consentito neanche un pensiero, agli extracomunitari non solo sono consentiti i pensieri, ma anche le azioni».
Alla base di tutto, secondo lei, c’è una questione culturale?
«Le responsabilità vanno attribuite alla cultura di sinistra che oramai odia la nostra identità, ci vuole cancellare dalla faccia della terra. Qualsiasi azione che sia contro di noi, contro la nostra civiltà, contro i nostri usi e costumi è tollerata, mentre invece ogni reazione è duramente repressa nel nome del famoso meticciato. Noi dobbiamo, volenti o nolenti, diventare meticci».
In qualità di ministro, lei cosa può fare?
«Combatto una battaglia abbastanza solitaria all’interno del Governo: non è così semplice andare contro il politicamente corretto, la globalizzazione, l’essere gay, il superamento della famiglia. Anche la polemica nata contro la legge Bossi-Fini è una strumentalizzazione. Secondo alcuni intasa i tribunali: se uno commette un reato è giusto che venga giudicato».
Per fortuna che la Bossi-Fini intasa i tribunali...
«Che senso ha dire che così si fanno troppi processi?, evidentemente i reati sono troppi».
Ritiene che la sinistra strumentalizzi il mondo della Giustizia?
«Non ho dubbi, si pensi al caso grottesco di Diliberto, che mi attacca pesantemente ogni cosa io faccia o dica. Quando parlo di magistrati sostiene che io non debba assolutamente occuparmi di loro perché altrimenti attento all’ autonomia e all’indipendenza, e poi mi chiede di intervenire per obbligare un magistrato a uscire dai Lions. Clamoroso e grottesco è questo modo di considerare le cose a seconda delle convenienze da parte della sinistra. Non mi stancherò mai di denunciare questo doppiopesismo».
Fini le ha chiesto di intervenire sul caso di Firenze. Lo farà?
«Esaminerò la questione per vedere come effettivamente si è svolta».
Nel caso di irregolarità quali azioni compirà?
«Dopo quattro anni di interventi mi sono reso conto che qualsiasi cosa proponga il ministro il Csm lo boccia».
Il “tribunale” ultimo del comportamento dei magistrati è sempre il Csm
«Appunto...»
Igor Iezzi

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A FIRENZE SI CERCA DI FARE LUCE SULLE DUE VERSIONI FORNITE DaLLA MAMMA
Cronaca piena di bimbi “rubati” e rom impuniti
Lo scorso febbraio a Lecco due nomadi patteggiarono una pena di 8 mesi. Subito in libertà
orlando sacchelli
A Firenze non si placano le polemiche per la scarcerazione della donna romena accusata di aver tentato di rapire un bambino piccolo, in pieno centro. Il pm Luca Turco, che coordina le indagini, ha fatto acquisire agli atti la documentazione (rapporti e relazioni di servizio) sull’accaduto prodotta dalla polizia municipale. Il materiale dovrebbe contribuire a chiarire i dubbi sorti in relazione al presunto tentativo di sequestro. Giovedì scorso, infatti, la polizia municipale aveva presentato al pm una relazione in cui riferiva che la madre del bimbo avrebbe inizialmente parlato ai vigili solo di un tentativo di rapina del braccialettino che indossava il bambino e non del tentato sequestro, come invece la donna aveva sostenuto di fronte ai carabinieri. Ed è questa, per ora, la versione a cui il gip Anna Sacco ha dato credito. L’acquisizione degli atti da parte della procura punta, evidentemente, a chiarire la contraddittorietà fra le versioni che la madre del bimbo avrebbe dato, prima ai vigili e poi ai carabinieri.
Intanto, sul fronte delle polemiche innescate proprio dalla decisione del gip di scarcerare la presunta responsabile del tentato rapimento, ieri il presidente della sezione toscana dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Quattrocchi ha replicato alle dichiarazioni del vicepremier Gianfranco Fini e del ministro della Giustizia Roberto Castelli, affermando che «non c'è ragione di dubitare che i magistrati fiorentini si siano limitati ad applicare la legge e, pertanto, ad essi va tutta la solidarietà e la stima da parte della magistratura Toscana».
Sulla vicenda è intervenuta la stessa Anna Maria Sacco, la quale sabato scorso, dopo aver convalidato l’arresto della nomade, accogliendo le richieste del pm Luca Turco, ne ha disposto la scarcerazione. «Il giudice - ha spiegato - non può applicare la misura cautelare in mancanza della richiesta da parte del pm. Il pm ha ritenuto che si siano indeboliti i gravi indizi di colpevolezza nei confronti della nomade e per questo ha rinunciato a chiedere la misura cautelare che aveva precedentemente avanzato».
Il caso di Firenze ricorda da vicino quello di Lecco del 4 febbraio scorso. Due zingare furono arrestate in pieno giorno per tentato sequestro di un bambino di sette mesi. Quell’episodio diede il la a furenti polemiche perché, nel processo celebrato per direttissima, dapprima il reato fu derubricato a “tentata sottrazione di minore” (con una pena prevista molto più leggera rispetto al sequestro), poi le due nomadi patteggiarono una pena di otto mesi che, per effetto della concessione della condizionale, si tradusse in immediata scarcerazione.
La cronaca degli ultimi mesi è piena zeppa di episodi, più o meno gravi, che vedono coinvolti i nomadi. Quasi un anno fa destò un certo clamore l’arresto di una donna di venti anni, originaria della Croazia, che aveva collezionato oltre 90 “alias”: ogni volta che veniva arrestata, in pratica, dava una falsa generalità. Nel corso degli anni aveva subito numerose condanne, tutte passate in giudicato, la più alta delle quali a 10 anni e cinque mesi. Dopo aver ignorato ben cinque decreti di espulsione, invece, un altro nomade di origine slava aveva trovato il modo per evitare il aggirare il sesto provvedimento, mettendo incinta la sua compagna.
Il primo settembre del 2004, a Mazara del Vallo (Trapani), veniva rapita in circostanze ancora misteriore una bambina di quattro anni, Denise Pipitone, vista l’ultima volta mentre giocava a pochi metri dalla propria abitazione. Al momento della scomparsa indossava uno smanicato color verde mela e pantaloncini arancioni. Di quella bambina si è persa ogni traccia, nonostante le continue ricerche degli investigatori, le trasmissioni in tv (in primis Chi l’ha visto) e l’opera di sensibilizzazione dei media.
Anche se sembra un luogo comune, ogni volta che viene rapito un bambino, specie se molto piccolo, si pensa subito alla “pista nomadi”. Uno degli ultimi traffici di uomini fu sgominato nel luglio 2004 con l’operazione “Gipsy storke - Cicogna”, che portò all’arresto di sei persone per traffico di neonati. Non sempre, ovviamente, i rapitori sono rintracciabili all’interno di una roulotte in qualche campo sperduto di periferia, ma la paura cresce, specie quando vengono diffusi i dati relativi all’accattonagio; subito la mente corre al rischio che un “bambino rubato” possa essere arruolato nell’esercito degli accattoni che, ogni giorno, popolano le nostre città. Solo a Roma si calcola che siano tra i 500 e i 600 i bambini mandati a mendicare nelle strade. Sono un esercito di pendolari, poiché in genere non restano nella stessa città che per pochi mesi. Poche volte si ribellano per denunciare veri e propri casi di violenza e sfruttamento: uno dei più recenti casi è quello di un romeno di 13 anni, nella provincia di Salerno. «Se mi ribello e non chiedo l’elemosina sono botte», raccontò il ragazzino alla polizia.
I dati raccolti dal Dipartimento di polizia criminale svelano che un bambino dedito all’accattonaggio, rappresenta una vera e propria “miniera d’oro” per chi lo sfrutta. Può arrivare a “guadagnare”, infatti, fino a 100 euro al giorno. A livello legislativo si è cercato di porre rimedio al fenomeno. Con la legge 288 del 2003, infatti, è previsto l’arresto per la persona che sfrutta per accattonaggio minori o disabili adulti. Ed è intervenuta anche la Cassazione, con la sentenza (n. 7556/2005) che condanna, senza possibilità di usufruire di sconti, le persone che lasciano i figli minorenni sul marciapiede a chiedere l’elemosina. L’anno scorso, a dicembre, nelle baracche di un’ex industria tessile alla periferia di Roma, cento ragazzini, sessanta dei quali sopra i sei anni, furono liberati dalla schiavitù cui erano costretti. Non avevano mai visto la scuola ma solo, oltre al degrado e alla sporcizia, i marciapiedi dove mendicare giorno dopo giorno. Bambini a cui era stata rubata l’infanzia.

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Cofferati al centro di forti polemiche nate nel suo stesso schieramento
Quando la legalità viene contestata

Il ministro della Giustizia, il leghista Roberto Castelli, attribuisce la colpa di molte sentenze o azioni illogiche compiute da alcuni magistrati alla cultura di sinistra che permea molti tribunali del Paese.
Una forma mentis di cui si è accorto anche il sindaco di Bologna, Sergio Cofferati, reo di aver difeso la legalità nel suo comune e per questo finito al centro di una bufera fatta scoppiare dal suo stesso schieramento. Accuse pesantissime, quelle piovute sul primo cittadini felsineo, che lo hanno costretto a difendersi in diverse interviste televisive e giornalistiche. «E’ più di sinistra un sindaco che lascia al freddo e al buio immigrati regolari e clandestini in un albergo fatiscente, come è quello delle Ferrovie, - ha detto nei giorni scorsi - oppure un sindaco che dà un alloggio dignitoso a quelli che ne hanno titolo o sono deboli, rimandando a casa chi non è in regola? Io ho fatto la seconda cosa. La vecchia giunta di centrodestra, la prima: con il plauso di alcune aree radicali, naturalmente...». Cofferati, a guida della città simbolo della sinistra, la vetrina del presunto buongoverno dell’Unione, è stato messo nel mirino da coloro che fino a qualche mese fa lo consideravano un eroe e inneggiavano alla sua persona. Prima che decidesse di fare rispettare la legge nel suo comune. Esponenti della sinistra - da Flores d’Arcais a Asor Rosa - hanno avuto da ridire sulle sue scelte di oggi, in rapporto a quel che diceva e faceva da leader sindacale. Hanno parlato di tradimento, di metamorfosi. «E' un discorso strano, che non capisco. Io ho sempre combattuto per le stesse cose. Si può avere qualunque giudizio su quel che ho fatto in Cgil, ma mi sono sempre battuto perchè l’azione sindacale avvenisse nel rispetto degli utenti - quando ad agire erano, per esempio, i lavoratori dei servizi - e nel rispetto perfino delle cose materiali quando si lottava nel manifatturiero. Ho sempre polemizzato con chi nell’agire immaginava di uscire dai confini del lecito e del rispetto. Guardi che nella storia dei processi di emancipazione delle classi povere, l’acquisizione del concetto di rispetto della legge è stata fondamentale. Anzi: il rispetto della legge e una lotta che sia rispettosa delle regole, perchè devi creare simpatia, condivisione intorno alla tua battaglia. Non è che l’abbia inventato io, è la storia del movimento operaio...», ha affermato.
«In un’Italia nella quale di mafia non parla più nessuno, l’idea che bisogna fare la guerra ai lavavetri ai semafori delle strade è un’idea che io trovo un po’ povera rispetto alla realtà dei problemi, delle contraddizioni esistenti. Anche qui bisogna evitare noi politici di fare il mestiere degli altri (poliziotti, carabinieri e magistrati) e bisogna evitare di immaginare che giochiamo a fare gli acchiappafantasmi» è stata la replica del presidente della Regione Puglia, il comunista Nichi Vendola, altro simbolo nelle amministrazioni locali. Il rapporto che la sinistra sembra avere con il tema della legalità rimane ambiguo e contradditorio e pone forti dubbi e seri imbarazzi a chi volesse considerarla una forza di governo.



INES TABUSSO