Voli Pindarici
"Questa non è una storia che inizia con un evento preciso, sebbene la mia memoria sia ricca di note simboliche. Nella spirale dell'esoterismo si entra come al pub: con le proprie gambe, tranquilli, sereni, senza aspettative. Un sorso di birra tira l'altro, pian piano ci si dimentica di sé stessi, la fantasia corre al galoppo, la suggestione divampa: un martedì qualunque diviene una notte surreale. Si esce barcollando, senza sentire più le gambe e il contatto con la terra, liberi dai trabocchetti della memoria, dai sensi di colpa e della razionalità. In due ore una trasformazione da premio oscar: da timido a spigliato, da calmo a iracondo, da sensuale a impacciato, da muto a ciarliero, da fiero ad autocommiserato. Si assiste al gioco dei contrari, i bianchi diventano neri ed i neri bianchi, liberi per qualche ora da un'identità asfissiante inchiodata al principio di non contraddizione. Si conosce il meccanismo della trasformazione, l'eccesso di alcool, ma non la causa di questo delirio. Poi, dopo qualche ora di libertà vigilata, ripiomba il carcere della coscienza: il fegato pesa come un macigno ed i pensieri sono più foschi che mai. Non rimane che ubriacarsi ancora un'altra volta.
Forse questa breve allegoria non sarà chiara a tutti, ma nel corso della narrazione risulterà evidente come, nel caso della mia esperienza, l'esoterismo sia stata una droga sottile, intellettuale e invisibile, che ha corroso non tanto le mie abitudini e la mia esteriorità, quanto il mio modo di interpretare il mondo nella semioscurità di quel teatrino chiamato coscienza. Si lotta e si soffre da soli, si intraprende una campagna militare negli oscuri meandri del nostro pensiero, mentre alla luce del giorno si appare più o meno gli stessi. Si crede di avanzare, di progredire, di spiritualizzarsi, ma in realtà non si fa altro che indossare varie maschere finché la noia non ci riporta al punto di partenza e la natura, che non ama i ruoli fissi, ci costringe a ricercare nuovi stimoli, nuove variazioni su tema, nuove droghe con cui trastullarci. L'assurdità del tutto è che a forza di leggere e di indottrinarsi, si assume i contorni dell'intellettuale: le opinioni si fanno sottili, la favella diviene persuasiva, la psicologia si affina, la recitazione si fluidifica; si diventa artisti della parola, non importa se di infimo o di sommo grado; qualcuno, a partire da sé stessi, cascherà sempre nella rete.
L'altro grande aspetto paradossale è che si rimane impigliati nella pania dell'esoterismo con la speranza di liberarsi dalla sofferenza, ma in realtà si crea un meccanismo per cui la sofferenza finisce per moltiplicarsi all'infinito. Non si è mai soddisfatti, la meta sfugge sempre: si è disposti a sacrificare tutto pur di seguire un'utopia irraggiungibile. Un vecchio adagio ci ricorda che chi s'accontenta gode, ma la psicologia dell'esoterismo spinge alla riva opposta, dove, non essendo mai contenti, non si gode mai. O meglio, data che la psiche non è così lineare, si può dire che l'esoterismo sia un godere soffrendo: il superuomo, quando è in buona fede, ovvero quando crede realmente nell'idea che ha costruito di sé stesso, è sempre un supermasochista.
Uno dei pilastri dell'esoterismo è la divisione dell'umanità in due categorie: una manciata di sapienti ed una massa di poveri stolti. La massa viene spesso paragonata al cane, alla bestia fedele che dipende totalmente dal padrone. Peccato che l'aristocratico esoterista non si renda conto che egli stesso è un cane, uno di quelli, peraltro, che inseguono invano la propria coda: per quanto corra dietro alla sua idea di illuminazione, infatti, non la raggiungerà mai."