Magico Vento è uno dei personaggi verso i quali, tempo fa, il Bardo esprimeva curiosità. Per lui e per gli altri che ne avessero (o ai quali potrebbe venire ;)), provo a buttar giù qualcosa.
Le tre vite di Magico Vento
La sua prima vita (editoriale) il soldato Ned Ellis, adottato da una tribù Lakota di cui diviene sciamano con il nome di Magico Vento, la comincia con il n.1 della testata e la prosegue per poco più di un anno, fino a quando non apparirà nelle italiche edicole il fatidico n.16,
La grande visione. Con qualche possibile eccezionale, questa prima “vita” di MV è piatta e banale. Manfredi deve ancora “registrare” il suo personaggio, evidentemente, e così sulle pagine degli albi sfila una teoria di mostri e mostriciattoli stereotipati e ripetitivi; Magico Vento sembra coniugare horror e western in modo scadente, prendendo i luoghi più comuni, triti e deteriori del primo per fornirne una versione plastificata (senza mai dare un guizzo di paura pura e autentica) e inserirla in uno sfondo western abbastanza anonimo. Qui e là qualche raro indizio avrebbe potuto far sospettare gli sviluppi futuri, ma difficilmente si dava credito all’autore, che in precedenza non aveva mai brillato come stella di prima grandezza (e anche come stella di seconda lo aveva fatto solo occasionalmente ;)).
Anche lui, Magico Vento, il protagonista, si segnalava per la mascella monolitica e per una caratterizzazione… degna della mascella. La verve di “Poe” - che da subito si segnalava come “spalla” di lusso, e che rubava spesso e volentieri la scena al pard – compensava, ma non abbastanza.
Con il n.16 Manfredi trova il… centro di gravità della sua creatura e della sua scrittura. Lo straordinario montaggio raffinatamente cinematografico che da qui in poi troverà forma compiuta nelle sue sceneggiature si unisce da un lato a una successione di albi monografici dove egli indaga con accuratezza antropologica ed amore sconfinato costume e psicologia dei nativi (la seconda vita di MV) e dall’altro dà il via al più riuscito e rigoroso esperimento di continuity all’interno di una classica serie bonelliana, potenzialmente infinita (la terza vita).
Per un approfondimento sui singoli albi consiglio di visitare la sezione che uBC dedica a MV
www.ubcfumetti.com/mv/welcome e da lì consultare le recensioni; qui mi limito a sottolineare la grande cura documentale e letteraria che traspare dalle storie “indiane” della serie, dove Manfredi analizza e costruisce per il lettore il background del personaggio, identificando le sue coordinate culturali e psicologiche: Magico Vento è un uomo che ha perduto la memoria in un incidente, e che si trova a dover convivere con brandelli di ricordi, a volte ingannevoli, che si mischiano al suo nuovo status di uomo magico, dotato di poteri soprannaturali. Il personaggio cresce di albo in albo, mostrando una personalità spesso contraddittoria, abbandonando ogni piattezza iniziale per una psicologia sofferta e sfaccettata. Ned Ellis è un uomo duro, ma in modo estremamente realistico; forse è il personaggio western più realistico, più dello stesso Ken Parker e ad onta della coabitazione di horror e fantascienza sulle sue sue pagine. L’ovest americano era probabilmente abitato da uomini come lui, attraversati da dubbi, ma abituati a risolverli in fretta ed efficacemente, perché il prezzo da pagare per un dubbio irrisolto era in genere la vita. C’è un tempo per pensare ed uno per agire, e Manfredi sa quando far fare l’una cosa e l’altra al suo figlio di carta e inchiostro. Non privo (anzi) di fragilità, è in effetti un personaggio così complesso da non essere stato ancora del tutto analizzato in 51 albi. E oltre tutto è in continua evoluzione.
Nelle storie in stretta continuity, che costituiscono un’autentica serie nella serie, Manfredi sta man mano costruendo una vera e propria storia alternativa e fantastica degli USA (in questo mi ricorda certo Farmer); queste storie attingono ai moduli migliori e più affascinanti del feuilleton, e in esse il protagonista è affiancato da due figure davvero notevoli: Hogan e Dick Carr.
Hogan è uno dei “cattivi” più realistici e al tempo stesso carismatici e “fantastici” che il fumetto abbia prodotto. Personificazione del Male, sì, ma anche della Volontà Incontrastabile; e al tempo stesso prosaico uomo d’affari, e inoltre membro di una setta segreta e potente che plasma e influenza i destini d’America. Negli ultimi albi la testata sta virando verso una sempre maggiore contaminazione con la sf e sta riprendendo quota dopo un breve appannamento; e Hogan è più saldo in sella che mai. Con Dick Carr, attore dallo sconfinato talento alla Fregoli, Manfredi ha poi creato una figura che indubbiamente serve a cavargli molte castagne dal fuoco, ma che rappresenta uno splendido ritratto di deraciné e gli permette di tenere costantemente sulla corda l’attenzione dei lettori.
Graficamente, la scuderia della testata è tra le più qualificate: l’approdo da qualche tempo di Ivo Milazzo, transfuga da Ken Parker l’ha posta probabilmente al vertice tra le serie bonelliane. Oltre a Milazzo si contano (o si sono contati) Frisenda, Sicomoro, Parlov, Ortiz, Roi, Piccatto, Barbati e Ramella.
Ciao
Vincenzo